E i romani ora riscoprono i «vecchi» mercati rionali

Ci sono angoli di Roma in cui il commercio non è solo una questione di soldi, ma chiama in causa valori come lealtà e fiducia. In cui le facce sono sempre quelle e i clienti, affezionati quanto esigenti, li si chiama tutti per nome, se ne conoscono gusti e manie. Un mondo, quello dei tanti mercati rionali sparsi per la capitale, in cui la qualità dei prodotti conta più della quantità e la concorrenza non ha fascino né mordente, e che i cittadini stanno scoprendo o ritrovando, in questi giorni di magra per la grande distribuzione, colpita al cuore dal blocco dei tir.
Così, mentre supermercati e centri commerciali fanno il calcolo degli incassi mancati ed esibiscono come ferite gli scaffali vuoti, fruttivendoli, macellai, pescivendoli e salumieri sono lì, al loro posto, con le cassette traboccanti di prodotti locali, il consiglio giusto al momento giusto e quell’arrotondamento per difetto che fa sempre piacere. Arrivano dai Castelli, Monterotondo, Formia, Moricone, Fiumicino e i prodotti non li comprano, ma li producono direttamente. Li trasportano da soli, in macchine o furgoncini, qualche decina di chili alla volta. E in volto hanno stampato il sorriso di sempre, anche se alle spalle hanno una notte insonne passata nel traffico. «Non potevamo mancare, era una questione d’onore - spiega fiera Renata Di Trocchio di Fondi, continuando a pesare le mele nel mercato di via Ricotti a Casal Bertone - siamo partiti alle tre del mattino, abbiamo fatto quattro ore di coda sulla Pontina, ma siamo arrivati puntualissimi». La merce è stata venduta senza troppa difficoltà, in particolar modo la verdura, ma secondo i titolari non è stato il blocco a fare la differenza. «La gente viene qui da vent’anni perché la roba è fresca - commentano Attilia e Wanda - sanno che è controllata e scelta frutto per frutto e non buttata nel mucchio senza pensarci due volte». Eppure la presenza del colosso Auchan poco distante si è fatta sentire: «Non è più come una volta - dice con rammarico Carlo di Velletri - si ricordano di noi solo in occasioni come queste. Ormai la gente si stufa anche di lavare la verdura, preferisce spendere di più per comprarla meno fresca, ma già pronta».
Ma il nocciolo duro degli affezionati è ancora consistente. «È da tre generazioni che stiamo qui - racconta Maurizio, titolare di un banco di pollame, il più antico del mercato di via Cherso, nel quartiere Prenestino - e chi ci prova è sempre ritornato. Mia moglie invece lavora part-time in un grosso supermercato. Lì i prodotti arrivano da lontano, i nostri da Colleferro. La differenza è netta». Gianni, fruttivendolo da 30 anni, mostra invece con orgoglio le sue patate di Viterbo e la verdura di Avezzano. «Mi è sempre piaciuto questo lavoro - confessa - adoro il contatto con la gente.

Siamo tutti amici e come si può ci si viene incontro, specie a fine mese. Per questo odio i sabati, Natale e anche questo sciopero, che sta provocando un’invasione mai vista prima. Noi amiamo stare tranquilli e coccolarci i nostri clienti. Loro non ci tradiranno mai per un’offerta speciale».

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