Gianluigi Nuzzi
da Milano
Una speculazione finanziaria andata davvero male. Malissimo soprattutto per quei soci di Gianmario Roveraro, un gruppo di imprenditori italo-svizzeri, che settimana scorsa avrebbe messo alle strette il fondatore di Akros pur di rientrare della perdita secca, 4-500mila euro, partita seguendo i suggerimenti del banchiere. Dopo una melina durata mesi, la situazione sarebbe degenerata. È questo il nocciolo delle indagini sul sequestro del banchiere dellOpus Dei. Ed è questa la pista che il pm Alberto Nobili, tra i migliori nella procura di Manlio Minale, predilige da otto giorni. Per ora però invano. Il Pm mercoledì era andato persino in Svizzera per interrogare un paio di questi finanzieri. Ma è tornato in Procura senza convinzioni precise. Con il quesito senza risposta: che siano loro ad aver sequestrato Roveraro? Che labbiano rapito per rientrare dallesposizione, gesto disperato pur di evitare la bancarotta? Difficile dirlo. La pista sarebbe troppo facile, abbondanti e sospette tracce lasciate in giro, quando si rischia trentanni di carcere. E così tra sospettati e inquirenti da una settimana è iniziata la classica guerra di nervi. Chi prima sbaglia, perde.
I brandelli di indizi in questa storia che non quadra per un sequestro quantomeno anomalo, portano tutti lì. Sarà perché laffare controverso non era proprio cristallino, un fondo dinvestimento, si mormora, con plusvalenze minime garantite particolarmente elevate. Sarà perché il pedigree degli italo-svizzeri inquieta. «Sono finanzieri - spiega un inquirente - tra il truffatore e il faccendiere. Ma per carità non scriva alcun nome». Sarà perché il fax ricevuto venerdì mandato da Roveraro a Paolo Gualtieri, consulente e commercialista di fiducia, resta davvero troppo insolito. Mai Roveraro avrebbe infatti chiesto di smobilizzare un milione di euro di investimenti. Così allimprovviso. Da sottrarre, si legge nel fax, proprio a «Magia», società dal nome certo suggestivo ma soprattutto cassaforte dei beni di casa Roveraro, domiciliata da Gualtieri e divisa per volere del padre tra la moglie Silvana e i figli Sara, Marina e Gianluca. Gualtieri, ordinario alla Cattolica con studio in galleria Pattari dietro il Duomo, saputo dalla segretaria del fax, è rimasto di sale. Amico di Roveraro da una vita, non ne riconosce lo stile. Magari quel fax è proprio lunico modo per allertare amici e parenti. Altrimenti perché tutta questa fretta per un banchiere preciso, abituato a studiare fino alla noia clausole e postille, quelle a caratteri microscopici che tradiscono ogni pignoleria? «È un uomo prudente - spiega chi lavora con lui -, meticoloso. Mai sopra le righe, mai un azzardo. Le pare che in un attimo chieda un milione e passa di euro?». Conosciuta la mossa, in Tribunale hanno posto immediatamente i sigilli sui beni intestati sia a Magia sia sulla società gemella, «Maestrale». Beni sequestrati per evitare che il patrimonio possa essere utilizzato per pagare il riscatto.
La seconda ipotesi si innesta sulla prima. Qui gli indizi sono pochi ma significativi. A iniziare dal solito fax con la firma sottoposta ora a perizia calligrafica. Roveraro sarebbe rimasto vittima di una tentata estorsione o di un sequestro lampo. Ma la situazione deve essere poi degenerata con la scelta estrema di rapirlo. «Era con noi in ufficio - spiegano alla Yard di Milano, holding immobiliare che Roveraro presiede - fino a mercoledì 5 luglio alle 19.30. Era sereno, tranquillo. Come sempre». Insomma al lavoro sino alla vigilia della scomparsa. E allora chi potrebbero essere gli autori? Si tende a scartare le famiglie calabresi, sarde e la criminalità comune. Roveraro rimane un personaggio troppo ingombrante per impegnare qualche nucleo criminale con interessi ramificati.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.