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E Israele scopre crepe nel suo scudo anti-missilistico

Andrea Nativi

Un “muro” difensivo, battezzato Homa, con troppi buchi a causa di scelte sbagliate e mancanza di fondi, questo è il motivo per cui Israele continua a subire, giorno dopo giorno, il bombardamento dei razzi lanciati dai guerriglieri di Hezbollah. Israele infatti fin dalla guerra del Golfo del 1991 ha deciso di dotarsi di un sistema di difesa contro gli attacchi condotti con missili superficie-superficie e ha anche preso in considerazione la minaccia rappresentata dai più semplici razzi di artiglieria a breve, medio e lungo raggio, ma ha assegnato la priorità ai sistemi in grado di ingaggiare missili balistici come gli Scud di Irak e Siria, che hanno una gittata di 300 chilometri. La risposta è arrivata con batterie di missili antiaerei/antimissile Patriot Pac-2, due fornite dagli Usa e due dalla Germania, che non sono particolarmente indicate né per intercettare i missili balistici né i razzi.
Il ministero della Difesa aveva pertanto deciso di valutare la possibilità di portare queste batterie allo standard Pac-3 nel quadro del nuovo piano quinquennale di investimento Keshet 2012. Ma non c’è stato il tempo e ora tecnici Usa e israeliani stanno lavorando per provvedere almeno a introdurre un nuovo aggiornamento del software dei radar, dei missili e del sistema di controllo del tiro per consentire ai Patriot di ingaggiare almeno i razzi pesanti come gli Zelzal 1-2 e magari anche i Fajir-5 di cui dispone Hezbollah. Ma si tratterà comunque solo di una soluzione tampone, con efficacia limitata.
L’altro sistema antimissile di cui dispone Israele è l’Arrow 2-3, sviluppato con gli Usa e di cui sono state dispiegate due batterie. Questi sistemi antimissile sono destinati a ingaggiare i missili balistici iraniani a lunga gittata e con testata separata dal corpo del missile. Nelle prove di tiro effettuate si sono dimostrati piuttosto efficienti. Ma nulla possono contro i razzi a breve gittata. Israele in realtà aveva avviato un programma, sempre con gli Usa, volto a realizzare un sistema specificamente concepito per la difesa nei confronti di razzi a breve raggio, come i Qassam o i Grad, bombe di mortaio, proietti d’artiglieria. Anni di sforzi e centinaia di milioni di dollari sono stati investiti nello sviluppo di un cannone laser, il Nautilus/Thel: ma nonostante i successi nelle prove, non si è arrivati allo spiegamento operativo.
Oggi Israele sta valutando se acquisire una nuova versione di questo sistema, più leggera e, se non mobile, almeno trasportabile, oppure optare per un cannone convenzionale, a canne rotanti, calibro 20 mm, con una gittata utile di circa un chilometro, capace di saturare il bersaglio sparando al ritmo di oltre 3.000 colpi al minuto. Sarebbe il sistema ideale per proteggere piccoli villaggi e centri abitati a ridosso della frontiera, ma, ammesso che si scelga in fretta e ci siano i soldi, non sarà in servizio prima di due o tre anni. La situazione è altrettanto critica per quanto riguarda i razzi a media gittata, tra i 40 e i 200 chilometri, che Hezbollah sta impiegando in numero crescente.
Israele ha deciso di sviluppare un nuovo sistema, battezzato Stunner, che impiegherà missili capaci di colpire i razzi in volo: entrerà nella fase di sviluppo solo il prossimo anno e non sarà disponibile prima del 2011. Fino ad allora Israele, almeno per quanto riguarda i razzi non guidati, resterà vulnerabile.

L’unica soluzione consiste nell’impedire che i razzi vengano lanciati.

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