E Kadima continua a volare nei sondaggi

Il governo israeliano annuncia: evacueremo altre colonie prima delle elezioni del 28 marzo. E scoppia la polemica sugli scontri di Amona

da Gerusalemme

Dopo la tempesta le polemiche. Le nove casupole dell'avamposto illegale di Amona distrutte dall'esercito dopo una durissima battaglia con i coloni rischiano di lasciare una ferita ben più profonda dell’addio di Gaza. «Le orrende cicatrici imposte da quel confronto non potranno venir dimenticate tanto presto», scrivevano ieri i commentatori di molte testate israeliane mentre l'opinione pubblica si divideva nell'attribuire colpe e responsabilità. «Una provocazione dei coloni capaci prima di usar la violenza e poi di farsi passar per vittime», accusavano la sinistra e le forze di centro vicine al governo di Ehud Olmert. «Una trappola del governo con la complicità di polizia ed esercito per permettere a Olmert di dimostrarsi forte e autorevole come Sharon», denunciavano la destra e le altre forze politiche vicine ai coloni. Le polemiche comunque non sembrano aver incrinato il consenso del governo. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Yediot Ahronot il 57 per cento dell'opinione pubblica israeliana considera i coloni i veri responsabili delle violenze di Amona. Solo il 16 per cento accusa, invece, le forze di sicurezza. Forte di queste reazioni il governo fa sapere, anche se non ufficialmente, di esser pronto a chiudere almeno altri due insediamenti illegali prima delle elezioni del 28 marzo. La notizia che ha destato l'immediato allarme dei coloni è stata diffusa alla stampa da un funzionario governativo trinceratosi dietro l'anonimato.
Stando ai sondaggi anche Kadima, il partito fondato da Sharon e passato nelle mani di Olmert, continua a volare e a non temere concorrenti. Un rilevamento condotto dal quotidiano Haaretz, a pochi giorni dalla vittoria di Hamas e un mese dopo la scomparsa dalla scena di Sharon, attribuisce a Kadima il controllo virtuale di almeno 43 seggi del Parlamento contro i 44 di un mese fa. La vittoria degli integralisti palestinesi non aiuta invece il Likud di Benjamin Netanyahu che arretra da 14 a 13 seggi.
Sul travagliato fronte palestinese il presidente Mahmoud Abbas prosegue i lavori preliminari in vista delle consultazioni con Hamas per la formazione del governo. L'incontro con i leader del gruppo fondamentalista a Gaza fissato per oggi sembra però molto incerto. Prima di quel vertice la dirigenza di Hamas nella Striscia vuole concordare la propria linea negoziale con il capo dell'ufficio politico Khaled Meshaal e gli altri leader in esilio a Damasco. Una delegazione è già nella capitale siriana, ma difficilmente rientrerà in tempo per permettere lo svolgimento del vertice con Abbas. Il cambio di programma arriva dopo il diktat dell'Egitto che ha chiesto come condizioni preliminari per la partecipazione di Hamas al governo il riconoscimento d'Israele e l'accettazione di tutti gli accordi internazionali siglati in precedenza dall'Anp. L'Egitto non ha esitato ad attribuire la stessa posizione anche al presidente Mahmoud Abbas e questo ha indotto i capi di Hamas a valutare più attentamente le proprie strategie.

«Hamas non può esser preso in giro - ha detto Mohammed Nazzal portavoce del gruppo fondamentalista - questo non è il momento d'imporci condizioni, abbiamo ricevuto un chiaro mandato dal popolo palestinese e tutti devono rispettare la volontà degli elettori».

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