E l’Agricole vuole una contropartita

Massimo Restelli

da Milano

Il Crédit Agricole accetta le nozze tra Banca Intesa e Sanpaolo ma chiede una contropartita. Un via libera quello di Parigi che, complice la pluriennale collaborazione con il presidente Giovanni Bazoli, era nell’aria e che ieri la banque verte ha ufficializzato al patto di sindacato di Intesa. Nella «stanza di compensazione» dei grandi soci di Ca de’ Sass, l’Agricole si è però limitato ad assicurare un assenso sulle «linee guida» del progetto subordinandolo «alla conclusione di un accordo che salvaguardi e valorizzi» i propri «interessi strategici» nella Penisola. Non è un mistero che Parigi sarebbe stata disponibile a investire in Intesa ma, complici alcune resistenze emerse, vedrà dimezzare il proprio peso nell’aggregato al 9%, perdendo quella «primazia» finora esercitata. Da qui le richieste dei transalpini, che in passato avrebbero peraltro già accarezzato l’idea di gestire in prima persona la presenza in Italia.
Il patto di Intesa si è detto disponibile a individuare «le soluzioni più appropriate» e Bazoli si è mostrato ottimista ma la quadratura del cerchio appaiono proprio gli sportelli (fino a 600 la stima) che il gruppo Intesa-Sanpaolo dovrà mettere sul mercato per limiti Antitrust. Una rete numericamente paragonabile a quella di Bnl che permetterebbe a René Carron quasi di pareggiare i conti con i cugini di Bnp Paribas.
A decidere tuttavia sarà il mercato visto che, sebbene l’Agricole possa domandare una sorta di «prelazione morale» imperniata sul sostegno finora assicurato a Milano, gli sportelli potrebbero fare gola anche a Unicredit e Capitalia.

L’alternativa per Parigi potrebbe essere ricevere il restante 35% di Caam (l’ex Nextra) ma il riassetto del risparmio è già intrecciato con il dedalo tra Intesa Vita (la joint venture con Generali nella bancassurance) ed Eurizon. Il polo finanziario di Mario Greco che, per quanto riguarda Fideuram, potrebbe diventare l’ «indennizzo» del Santander.

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