E l’Erario si insinua nelle crepe svizzere

RomaL’Italia, come gli Usa, riuscirà a entrare in possesso di una black list di evasori nascosti nei conti bancari della Confederazione elvetica? L’accordo raggiunto alla vigilia di Ferragosto da Washington e Berna - in base al quale il gigante Ubs fornirà 8-10mila nominativi di clienti americani in odore di evasione - piccona il muro pluricentenario del segreto bancario svizzero, e apre prospettive inedite anche per l’Italia, che si prepara a varare la versione «ter» dello Scudo fiscale.
«Ci sono segnali di collaborazione che vengono dalla Svizzera e San Marino», ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, presentando la cosiddetta «lista dei 170mila», i soggetti passibili di indagini fiscali in quanto sospettati di non aver denunciato attività all’estero. Proprio ieri, il segretario alle Finanze della Repubblica del Titano, Gabriele Gatti, ha ricordato di aver avuto di recente un colloquio con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: «Vi sono i presupposti per la firma entro settembre degli accordi in campo finanziario fra i due Paesi», ha detto, negando poi che a San Marino si trovino «residenze di comodo» a fini fiscali.
Intanto, la trattativa italo-svizzera sulle liste dei clienti di istituzioni finanziarie elvetiche sospettati di evasione fiscale è in pieno svolgimento. Non è un negoziato facile, tutt’altro. Il nostro Paese, al contrario degli Stati Uniti, deve muoversi all’interno di una cornice europea: la direttiva sulla tassazione del risparmio, varata nel 2003, in base alla quale i paradisi fiscali possono mantenere l’anonimato dei depositanti in cambio di una ritenuta del 20%, girata parzialmente ai Paesi d’origine. L’anno scorso, l’erario italiano ha incassato dalla Svizzera poco più di 94 milioni di euro.
Fino a ieri la Svizzera ha resistito alle pressioni europee e americane. Ma la crisi finanziaria ha cambiato tutto, e l’ultimo di G20 di Londra ha inferto un colpo molto forte al segreto bancario. La direttiva Ue sulla tassazione è sottoposta a un difficile processo di revisione, ma se cadranno le resistenze di Lussemburgo e Austria, anche la Svizzera dovrà, prima o poi, capitolare.
Intanto si tratta. Tremonti, con una lettera del 22 maggio, ha chiesto «chiarimenti» a Berna in ordine all’utilizzo di società-schermo ai fini di elusione fiscale.

«L’Italia vuole sapere se alla Svizzera - ha spiegato - risulti che capitali italiani non pagano l’euroritenuta perché in capo a società di Panama o di altri paradisi fiscali». Qualche apertura da parte della Confederazione c’è, come ha confermato Befera. «Abbiamo anche - ha aggiunto - una lista di conti presso Ubs Italia che si presume abbia riferimento con Ubs Svizzera».

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