E l’imputato diventa anche consulente

Il giudice vuole i dialoghi tra piloti e torre e la perizia finisce all’uomo radar condannato

Claudio De Carli

Questa è la fantastica storia di un nastro con 64 piste incise, rimasto per quattro anni chiuso all’interno di una cassaforte.
Riassunto delle puntate precedenti: il nastro è relativo alle conversazioni intercorse l’8 ottobre 2001 a Linate fra torre di controllo e piloti. Ne è stata fatta una copia su cd da consegnare ad accusa e difesa ma è stata ritenuta inadeguata. Ripulita da tutte le voci giudicate estranee all’inchiesta, la copia, secondo la difesa, non spiega sufficientemente l’atmosfera di quella mattina in torre. Nel primo processo il giudice non ritenne significativa la decodificazione del nastro originale, non così nel processo di appello. Il giudice Renato Caccamo, presidente della IV sezione, nella seconda udienza del 15 novembre ha incaricato il maggiore Raffaele Terlingo di procedere alla perizia del nastro originale, concedendogli novanta giorni al termine dei quali riprenderà il processo.
Siamo all’attualità, martedì mattina il collegio di difesa assieme al maggiore Terlingo, il consulente comandante Mario Pica e il dirigente Enav Massimo Bellizzi, si trovano in un ufficio dell’Enav per decidere come procedere. Ma la perizia, cioè l’ascolto del nastro, la sua traduzione e la sua trascrizione, non può procedere in quanto manca l’ausiliario di Terlingo e cioè il suo collaboratore in grado di maneggiare lo strumento che consente di decodificare il nastro. Il tecnico fonico si chiama Antonio Fuscella e quel mattino ha altre perizie da svolgere, quindi la riunione viene riaggiornata alle 13 dello stesso giorno. Solito gruppo, tutti pronti, medesima situazione ma primo colpo di scena: l’ufficio nel quale dovrebbe essere svolta la perizia è quello di Paolo Zacchetti, il controllore di volo in postazione ground che quella mattina istruiva il Cessna dei tedeschi contro il quale andrà a sbattere l’aereo della Sas. E non è tutto: nell’ufficio di Paolo Zacchetti c’è anche Paolo Zacchetti. E non è ancora tutto: l’apparecchio che dovrebbe decodificare il nastro si chiama Racal 64 ed è lo strumento di lavoro quotidiano e principale di Zacchetti. Peraltro del Racal ne esistono solo tre esemplari in Italia di cui uno a Ciampino.
Dunque il gruppo si trova nell’ufficio Enav di Paolo Zacchetti e fra gli avvocati della difesa c’è perplessità. Che aumenta quando a Zacchetti viene chiesto di effettuare lui la perizia, in quanto l’unico in grado di sbobinare il nastro in quel momento. «A quel punto ci siamo opposti - precisa l’avvocato Pellicciotta -. nessuna opposizione formale e nessuna presa di posizione verso Paolo Zacchetti, persona squisita che si sarebbe anche prestata, ma un imputato non può fare l’ausiliario del perito: è incompatibile».
Enav, incaricata di trovare sede e strumento per la lettura del nastro, è anche parte non indifferente nel processo. Fra i quattro imputati condannati in primo grado ci sono Sandro Gualano ex amministratore delegato Enav e Paolo Zacchetti, controllore di volo e dipendente Enav. L’imbarazzo dei difensori è stato quindi plausibile: non sapevamo che Zacchetti fosse lì e quello fosse il suo ufficio. Nessuno ha messo in dubbio la buona fede del controllore di volo che peraltro era seduto al suo posto per svolgere il lavoro per il quale è pagato e che, a detta di tutti, svolge con estrema competenza: «Ma la perizia non può essere fatta nell’ufficio di un imputato - ha precisato l’avvocato Pellicciotta».
Tutto è stato riaggiornato alla mattinata di oggi, stesso gruppo, medesimo problema.

Gli avvocati hanno chiesto che la perizia venga fatta in un ambiente asettico, non in un ufficio dell’Enav e neppure dell’Enac, e avrebbero anche avanzato l’ipotesi di utilizzare uno strumento non di proprietà Enav, sapendo che esiste un Racal 64 anche negli Stati Uniti. Ma i giorni concessi dal giudice Renato Caccamo rimangono sempre novanta.

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