E l’Usigrai impara da Hitler: «raus» al giornalista di destra

RomaChe cosa aspetta l’Ordine dei giornalisti a interrogarsi e domandare? E non c’è un consesso di sindacati liberi e democratici che si stupisca e richiami al rispetto della civiltà? Ma ecco l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai che, per opporsi all’assunzione di un collega che viene dai giornali, lancia un’accusa che nemmeno i sindacati di regime a Cuba o nella Bulgaria d’antan. Non avversano un direttore o un suo vice, sparano su un giornalista normale, un professionista corretto e ineccepibile, col difetto di aver ricevuto l’offerta di lavoro dal direttore del Tg1, e non per grazia di un padrino politico. Sapete perché non lo vogliono? «Perché viene da uno dei due quotidiani che hanno orchestrato la campagna di stampa contro il canone».
Insomma, chi lavora a Libero e al Giornale ha il marchio di Caino, tanto razzismo non s’era mai visto. Come se la linea di un giornale non la facesse il direttore ma l’assemblea di redazione. E passi per gli operai della Fiat che negli anni ’70, quando vedevano un cronista della Stampa ai cancelli di Mirafiori gli gridavano «servo di Agnelli!» pure se il poveretto era iscritto al Pci, ma i signori dell’Usigrai sembrano davvero convinti che i meriti e le colpe di ogni direttore ricadono su ogni cronista del giornale che dirigono, anche quelli che han trovato lì e che forse fanno la fronda. È come se a Telekabul potessero andare soltanto giornalisti di comprovata fede comunista, a Nigrizia unicamente giornalisti con la pelle nera, a Men soltanto uomini o omo, a Noi donne solamente giornaliste, possibilmente brutte e coi baffi.
Eppure è così. Augusto Minzolini, totalmente estraneo al Tg1 che doveva dirigere, aveva bisogno di un collega di sua fiducia nel settore politico, ed ha chiamato Mario Prignano di Libero, cronista parlamentare che segue il premier e il centrodestra. Tutti i direttori del mondo, quando arrivano in una testata, si portano dietro qualcuno che conoscono bene e del quale si fidano. Minzolini, oltretutto, non ha agito d’imperio o con arroganza: il capo del politico del Tg1 è rimasto al suo posto, Prignano entra soltanto come vice.

Ma questo non basta al sindacato diretto da Carlo Verna che, spalleggiato dal cdr, la rappresentanza sindacale di base, ha tuonato contro il nuovo arrivo dapprima con una domanda infantile: «Possibile che in Rai non ci sia un collega in grado di ricoprire quell’incarico?». Poi, con l’incredibile carico da novanta, in difesa «di tutti i lavoratori della Rai che con l’attacco al canone vedono messo a repentaglio persino il loro posto di lavoro».

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