E «lady Flavia» fa l’ultimo trasloco

La moglie del Professore prepara le valigie «Farò presto, la casa non era impostata»

da Milano

E due. Solo che questa volta è tutto diverso. Anche dieci anni fa le valigie le aveva fatte all’ultimo, Flavia Franzoni. Ma allora era stato perché chi se lo aspettava, che il governo sarebbe caduto per un voto. Adesso è stata solo la scaramanzia, non si sa mai: se persino una comunista come Rina Gagliardi fino all’ultimo ha sperato nel «miracolo» del buon Dio, figurarsi i cattolici coniugi Prodi.
Dal punto di vista estetico poco male, lasciare Palazzo Chigi. La «first lady» Flavia, docente di organizzazione dei servizi sociali a Bologna, madre di due maschi, nonna di due femmine, non ha mai fatto mistero di non amarlo, l’appartamento presidenziale, 120 metri quadrati di marmi e arazzi, «è un posto che toglie il fiato, sembra una prefettura» aveva detto in un’intervista per l’ultimo libro di Bruno Vespa, meglio quello di Bruxelles «arredato con mobili Ikea». E invece. Camera da letto enorme, bandiere nello studio, «una cucina immensa, con un frigo grande come un camion, i fornelli come quelli di un ristorante, utilissima per le cene di rappresentanza, ma non per cuocersi un uovo, come Romano faceva anche a Bruxelles» aveva detto in un’altra intervista. Non che avesse fiatato, dovendovisi trasferire. Come nel ’96, i coniugi Prodi decisero di vivere nella sede del governo, in quelle stanze di rappresentanza ristrutturate da Silvio Berlusconi nel ’94, per semplificare i dispositivi di sicurezza, oltre che per comodità logistica. La prima impronta del cambiamento era stata culinaria, i tortellini bolognesi e l’erbazzone al posto del menù tricolore, pennette ai quattro formaggi, pesto e pomodori, tanto gradito al Cavaliere.

Altra novità introdotta, era già il gennaio 2008, l’angolo delle meraviglie, un deposito per i regali di (troppo) valore che i capi di Stato stranieri hanno donato in questo anno e mezzo alla coppia presidenziale, diamanti e rubini e zaffiri. Adesso tocca riempire gli scatoloni, per l’ultimo trasloco. Il giorno prima della sfiducia in Senato, Flavia ancora non aveva iniziato: «Del resto si fa presto, qui non ho una casa impostata».

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