E la Lega la spunta sullo statuto del Veneto

RomaBossi prova a mungere Monti. Ma se sulle quote latte la partita viene rimandata, sul nodo dello statuto della regione Veneto vince il Senatùr: il governo eviterà di mettere i bastoni tra le ruote della nuova «costituzione» del Veneto. «È andato bene», dice infatti Bossi in serata, che anche sulle quote latte apre: «Può darsi si trovi un accordo».
Il grande nemico del Professore s’è presentato ieri a Palazzo Chigi con intenti bellicosi. Accompagnato dall’ex ministro delle Politiche agricole, nonché governatore del Veneto, Luca Zaia, il leader della Lega ha varcato il portone di Palazzo Chigi per un duro faccia a faccia. Sul tappeto due questioni che stanno molto a cuore al Carroccio. La prima riguarda il nuovo statuto della regione Veneto, approvato all’unanimità lo scorso 11 gennaio. Le principali novità riguardano il riequilibrio dei poteri tra presidente, giunta e consiglio. Ma il casus belli riguardava l’articolo 30 comma 4 dello statuto, riguardante l’«autonomia finanziaria» della Regione. Il governo, temendo che il Veneto, in virtù di questa norma potesse non rispettare il patto di stabilità interno, lo scorso 3 febbraio ha deciso di impugnare lo statuto. Agli occhi dei leghisti un’inaccettabile dichiarazione di guerra tanto che sia il Carroccio sia il Pdl gridarono «marceremo su Roma». Il governatore Zaia aveva attaccato Passera a testa bassa: «È stato il ministro dello Sviluppo a volere l’impugnazione perché intravede in questa norma un elemento di elevatissima pericolosità. Ma non è così». Poi aveva graziato il ministro Cancellieri (Interno) e il sottosegretario Catricalà perché «loro sì che ci hanno dato una mano». Nel merito della questione pare aver ragione Bossi e Monti fa dietrofront: ritirata l’impugnazione perché «la Regione non vìola i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e non intende procedere ad alcuna elusione di tali vincoli, e in particolare di quelli relativi al rispetto del patto di stabilità interno e dei limiti di indebitamento». Uno a zero per Bossi.
Ma sull’altro fronte, quello delle quote latte, finisce zero a zero. «Riprenderemo e approfondiremo la questione nei prossimi giorni», dicono i leghisti. Il caso riguarda migliaia di allevatori, principalmente padani, accusati di aver messo sul mercato più latte rispetto a quanto stabilito dalle quote. Da qui le multe europee: dall’88 ad oggi l’Italia ha già pagato alla Ue 4 miliardi e 407 milioni di multe, di cui 1 miliardo e 870 milioni se li è presi in carico lo Stato, mentre il resto avrebbe dovuto essere recuperato presso i produttori splafonatori. Alcuni di questi hanno deciso di rateizzare il pagamento delle multe, altri si sono messi di traverso. Anche perché ci sarebbe un rapporto dei carabinieri che parla chiaro: l’accusa di aver prodotto più latte del consentito poggia su dati sballati e se i dati del latte fossero buoni, in Italia ci sarebbero circa 300mila vacche fantasma. Insomma, forse abbiamo dichiarato alla Ue di aver prodotto più latte di quanto immesso sul mercato.

Da qui la querelle infinita: pagare o non pagare? Monti, ieri in partenza per gli Usa dove oggi incontrerà Obama, prende tempo anche se il ministro delle Politiche agricole Mario Catania s’è sempre espresso con «le multe vanno pagate». Lo scontro è ancora aperto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica