MilanoTutto procede come nella migliore tradizione. L'Inter ieri ha giocato due tempi di 35 minuti contro l'Africa Sports National di Abidjan, campione in carica della Costa D'Avorio, allenata dall'ex nerazzurro Salvatore Nobile. A bordo campo c'erano il console Fabrizio Iseni e il capo di gabinetto della repubblica ivoriana Narcisse Kuyo Tea, José Mourinho e lo staff al completo, mancava Adriano ancora debilitato dallo stato febbrile che lo ha colpito e che ha fatto nascere nuovi interrogativi sul suo recupero. Non per Palermo, ma in assoluto. Adriano martedì non si è presentato all'allenamento mattutino e ha avvertito in ritardo la sua indisposizione allo staff medico infrangendo una regola comportamentale ben precisa. Ieri ha lavorato a parte con Luis Figo, Mourinho lo ha lasciato in pace, ha preso atto dell'indisposizione e non lo ha schierato, diciamo che il ragazzo fa poco per completare quel percorso che dovrebbe riconsegnarlo alla prima squadra. La sua convocazione per Palermo attualmente è prossima allo zero: quasi certamente sabato sera in attacco ci sarà Cruz al fianco di Ibrahimovic. La società per ora fa quadrato e ieri l’amministratore delegato Paolillo ha smussato gli angoli, ha detto che «Adriano si è allenato normalmente, quindi è tutto a posto. Le eventuali punizioni ai giocatori sono concordate? Guardate, quello che fa l’allenatore lo fa la società. Siamo tutti uniti. Con Adriano parliamo, certo, così come parliamo con tutti». Di sicuro però Mourinho ha già spiegato che con lui ha usato più il cuore delle regole, da più parti Moratti è sollecitato a porre fine a questa assurda commedia, ma è altrettanto vero che sono gli stessi che una settimana fa si chiedevano quanto sarebbe durato ancora l'ostracismo che teneva Adriano ai margini a causa di un semplice ritardo ad Appiano Gentile. Un semplice ritardo ma farcito da un aspetto che avrebbe irritato anche il più tollerante dei padri di famiglia.
José ora ha altre priorità e non dà proprio l'idea di uno con le valigie in mano. È finito in trappola domenica davanti alle telecamere, ci ha messo del suo con quel foglietto estratto magicamente da una tasca della sua tuta nella conferenza di sabato, e ora, dopo poco più di tre mesi, tutti pensano che ne abbia piene le scatole dell'Italia. E allora la notizia dell'offerta degli sceicchi del Manchester City prende consistenza, 15 milioni di sterline per allenare il club che si vanta di essere il più ricco del mondo, sono molto più di un'offerta di lavoro. Il City non sta andando a gonfie vele nonostante il mercato faraonico, viaggia sui fondali della Premier League e cerca un uomo che dia una raddrizzata allo spogliatoio: tutto pane, ovviamente, per le prime pagine dei tabloid. Salaiman Al Fahim, presidente del City, ha avviato un contatto e ci sta che qualcuno dello staff di Mourinho abbia accettato l'invito.
Mourinho in Inghilterra è molto stimato perché ha vinto, ma l'impressione è anche che in molti abbiamo marciato su questa notizia. Ancora ieri José ha ribadito quanto aveva già dichiarato: «Tutti sanno che amo il calcio inglese ed è mia intenzione tornarci. Ma sono l'allenatore dell'Inter». Il particolare che non abbia smentito la notizia del Sun ha però lasciato perplessi e suona come una conferma che il contatto ci sia stato. E soprattutto quel «io non scarico nessuno» detto a un giornalista di SkySport che lo aveva chiamato da Londra, è suonato come un campanello d’allarme.
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