RomaDelle dieci domande che serpeggiano nella redazione di Repubblica, e inevitabilmente da mesi finiscono in pagina, lundicesima già mette di malumore i redattori di largo Fochetti. «In quel maledetto buco, ora che c... ci mettiamo?».
La notizia che il nuovo procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, abbia escluso «responsabilità penali» per i comportamenti del premier sopra e sotto le lenzuola, è piombata sul quotidiano di Ezio Mauro come il dispaccio di Caporetto. Peccato non sia arrivata un paio di giorni prima, giusto per dare un senso allotto settembre di Repubblica. Che con questa storia delle domande e della «satiriasi» del premier ha fatto proprio un bel regalo alla sinistra, e ai suoi depressi elettori. Ecco la prova provata che Franceschini serve ai tavoli (il baccalà), Bersani dorme (ma sogna Fini), e invece Berlusconi - agenda e book fotografico alla mano - la mattina sfiorava la crisi diplomatica con la Georgia per amore di Putin, e la sera ci faceva allamore - nel lettone di Putin (quando si dice il caso!) -, però con la bellona di turno. Itterizia a mille.
Della débâcle, dellinvolontario rafforzamento dellEgo dellEgocrate (copyright DAvanzo), se nè accorto ormai il direttore Mauro, nonché i sinistrorsi meno bacchettoni, nel loro piccolo si immagina dediti a fornicazioni spicciole, che fanno capo a Vendola e Sansonetti. «Unità e Repubblica hanno pubblicato il diario delle giornate del premier - scriveva ieri il quotidiano LAltro -: di mattina impegni istituzionali e la sera mignotte, tutte indicate con nome e cognome (guarda caso nude perché tirano di più)... senza neanche averle interpellate o aver dato loro modo di replicare». Una strategia, denuncia il giornale di Sinistra e libertà, che «ha cercato di riempire il vuoto di politica delle opposizioni» e ora «inizia a scricchiolare: laffondo che doveva esserci non è arrivato e Berlusconi sembra uscire da questa vicenda rinvigorito e ringalluzzito... Repubblica e Unità oggi sono sempre più deboli, ma la colpa non può certo essere data alle querele del premier».
«Papi salvo, il Pd cazzeggia e pensa al gossip» titola LAltro. Tutto vero, purtroppo: compreso linverosimile «attentato alla libertà di stampa» che Repubblica e Unità vorrebbero far credere arrivi via querela e richiesta di danni materiali. «Barzellette», come ha titolato Concita De Gregorio sul quotidiano - un tempo autorevole - fondato da Gramsci. Che avrebbe detto don Antonio, morto nelle carceri fasciste, a veder documentata tale denuncia, seria ed estrema, da «copia dellatto di citazione» presentato da Berlusconi al Tribunale di Roma? Con tanto di richiesta di un milione di euro in solido (a Unità e Repubblica) come risarcimento di «danni morali»? Tanto vale la libertà dei due quotidiani?
Bufala era, bufala è rimasta. Pure irriguardosa, per chi ha dato la vita per la libertà, di stampa e dopinione, o vive davvero loppressione e la censura sulla propria pelle, e non sul setoso chemisier di Concita. Così pare esser sembrata anche al direttore di Repubblica, quando ha parlato ai microfoni di Radio France, accorsa al capezzale della libertà dopinione dei cugini dOltralpe. «Dopo mesi di rivelazioni della stampa, in Italia è tutto bloccato. Perché?», la domanda. Parce que... cincischia Mauro, in francese e in italiano. Cè un problema nellinformazione? «Sì, cè un problema: noi pubblichiamo le dieci domande e lui non risponde, e querela». Ma Repubblica è minacciata?. «No, non credo».
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