Mondo

E mentre il presidente giura la Casa Bianca cambia i mobili

La procedura di trasloco: l'arredo portato in giardino e poi rimesso a posto. Il biglietto di Bush nello studio ovale: «Buona fortuna Barack»

E mentre il presidente giura la Casa Bianca cambia i mobili

Sul tavolo dello studio Ovale Obama ha trovato un biglietto scritto a mano: «Buona fortuna, George W. Bush». Il primo giorno comincia così. Segue il day zero, cioè ieri, quando l'America guarda al Campidoglio e la Casa Bianca si svuota. Il presidente giura, il presidente parla e qualcuno sta già lavorando per lui: venti persone del suo staff dentro la Casa Bianca a togliere ogni singola traccia dell'amministrazione Bush per cominciare a marchiare la presidenza Obama.

Comanda Donald White, il funzionario del Secret Service che si occupa personalmente del presidente: alle 13.20 di ieri, nell'esatto momento in cui George w. ha lasciato la Casa Bianca, ha lasciato ufficialmente il vecchio comandante in capo ed è diventato l'ombra di Barack. È lui che coordina il lavoro del day zero, quando gli uffici e la residenza del presidente cambiano inquilino e arredi. È tutto veloce, tutto strano: gli uomini della vecchia amministrazione lasciano le loro scrivanie, i loro portapenne, i loro computer. Ci mettono un giorno e mezzo, le 36 ore in cui la Casa Bianca diventa una terra praticamente di nessuno, una cittadella fantasma: gli ultimi a lasciare i pass e le attrezzature il capo di gabinetto, l'avvocato del presidente e il portavoce. Sono i guardiani del fortino e lo lasciano solo quando il loro capo esce dalla porta principale con accanto il suo successore. È allora, col saluto dei due militari che custodiscono l'ingresso della Casa Bianca, che comincia il cambiamento.

Si smantella il vecchio e si rimonta il nuovo: la West Wing, l'ala degli uomini del presidente, cambia volto. Al capo dello staff è consentito di modificare l'assetto degli uffici e la disposizione delle scrivanie.
Gli spazi sono quelli, però. E sono quelli accanto allo studio Ovale, dove Obama stamattina leggerà il biglietto lasciato per buona creanza da Bush. Fu Ronald Reagan a introdurre la tradizione: scrisse due righe a George Bush padre, che poi le scrisse a Clinton, che poi le scrisse a Bush figlio. È l'ultimo rito diventato tradizione, esattamente come quello di lasciare il primo giorno il programma del presidente al centro esatto dell tavolo del suo ufficio. Oggi su quel programma Obama sa che ci sono segnati i primi appuntamenti politici: una riunione con la squadra economica, un incontro con lo staff degli Esteri per studiare la situazione in Medio Oriente, in Irak e in Afghanistan. Dicono che forse Obama potrebbe già firmare degli ordini esecutivi e qualcuno sostiene che uno di questi riguardi la chiusura di Guantanamo. Si fa la gara a indovinare quale sarà la prima decisione del presidente Barack. Nessuno, invece, scommette sulla prima rivoluzione della residenza obamiana alla Casa Bianca. L'altra tradizione vuole che nel day zero tutti i mobili della residenza vengano portati fuori e poi rimessi al loro posto: per controllare ogni angolo delle stanze, per rifinire anche il minimo dettaglio prima che la First Family entri nel suo appartamento per dormire la prima notte nel centro del potere mondiale.

Bisogna fare in fretta, bisogna essere precisi. Il trasloco è una cosa complicata e che l'America ricorda con una risata. Succede sempre qualcosa. Come nel 1853, quando Franklin Pierce entrò nella sua camera e si accorse che la servitù se n'era andata senza avergli preparato il letto: vagò per i corridoi con la candela in mano per trovare un posto in cui dormire. Anche Wilson, nel 1913, passò una notte d'inferno: sparì il suo pigiama. Furono svuotate tutte le valigie, ma nessuno riuscì a trovarlo.

Poi ci sono le first lady. S'affezionano a tal punto alla Casa Bianca da non riuscire a staccarsi. Nel 1877, Julia Grant, si rifiutò di lasciare l'abitazione convinta che dovesse rimanere sua fino alla fine del giorno zero. Al loro arrivo, il presidente Rutherford Hayes e famiglia, la trovarono impegnata a preparare la cena. Un po' quello che accadde a Nancy Reagan scoperta a camminare nervosamente per casa per assicurarsi di non lasciare nulla. Alla fine, la sua assistente Elaine Crispen, per convincerla ad abbandonare la dimora le disse: «Se dimentica qualcosa, sanno dove spedirglielo». Non lasciò nulla, alla fine. Così come Hillary Clinton che fu accusata di essersi portata via anche cose non sue, ma dello Stato: posate d'argento, bicchieri, stoviglie. La denunciò un maggiordomo: era stato appena licenziato dalla first lady. Michelle e Barack sanno questa storia e hanno confermato i collaboratori domestici della vecchia amministrazione.

Un favore ai Bush, per non avere sceneggiate.

Commenti