E il ministro Damiano confessa: quegli slogan erano contro di noi

Il responsabile del Lavoro ritorna sul corteo dei giorni scorsi. Gli industriali intanto confermano: «No a un tavolo solamente sui contratti a tempo»

Antonio Signorini

da Roma

La manifestazione anti precarietà «per me era contro il governo». Parola di Cesare Damiano, il ministro del Lavoro che sabato è stato bersagliato dagli striscioni dei Cobas («Amico dei padroni, vattene») e dagli slogan più acidi del corteo. E che da ieri dovrà affrontare una grana ben più consistente: il rifiuto di Confindustria ad avviare il tavolo sui contratti a termine, vero cavallo di battaglia della lotta alla precarietà così come la intende il governo di centrosinistra.
L’ex sindacalista della Cgil, esponente piemontese Ds e fassiniano di ferro, avrebbe già dimenticato gli episodi di sabato se non avesse assistito, subito dopo il corteo, a manifestazioni di solidarietà troppo tiepide. Ed è forse per questo che ieri ha risollevato il caso smentendo tre pesi massimi dell’esecutivo quali sono il premier Romano Prodi, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema e il responsabile del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa, tutti convinti che la finanziaria 2007 e l’esecutivo che l’ha varata non siano stati maltrattati alla manifestazione della settimana scorsa. Nel mirino di Damiano anche i sottosegretari, compresa Rosa Rinaldi (Prc) che appartiene al suo dicastero. «Non condivido l’idea che chi fa il sottosegretario di un governo poi sfili in piazza». Un po’ di amarezza anche per come la Cgil ha dimenticato di solidarizzare.
Ma i veri problemi per Damiano sono arrivati dall’altro fronte delle parti sociali. E, per la precisione, da Confindustria che ieri ha ufficializzato il no a un confronto che sia limitato ai soli contratti a termine. La riforma annunciata da Damiano un giorno prima della manifestazione non è piaciuta a quasi tutte le parti sociali, così come non è piaciuto l’ultimatum dato a sindacati e imprese, ai quali restano tre mesi per trovare un’intesa al termine dei quali il governo farà una legge. Uno strappo alla concertazione criticato da tutti tranne che dalla Cgil. Cisl e Uil, alla fine, hanno annunciato che si siederanno comunque al tavolo, anche se hanno posto alcune condizioni. Gli industriali, invece, hanno confermato la linea dura: «Un tavolo solo su quel titolo non è praticabile e non è utile, perché il tema complessivo è quello della competitività per lo sviluppo», ha detto il direttore generale Maurizio Beretta, ribadendo che «bisogna affrontare il tema più generale della produttività e della crescita».
La chiusura di Viale dell’Astronomia preoccupa il segretario generale Guglielmo Epifani secondo il quale Confindustria ha fatto una «scelta estrema» che «rappresenta un problema». Non sedersi al tavolo per il leader della Cgil «significa non affrontare alcun tema e dire al governo, che ci ha dato tre mesi di tempo per trovare un accordo, di andare avanti». In sostanza, questo il messaggio di Epifani, senza «avviso comune» prevarrà una linea ancora più spostata a sinistra. Ma ad avere noie con l’ala sinistra non è solo Damiano. Lo stesso Epifani si trova a fronteggiare un possibile sciopero contro la Finanziaria: quello proposto dalla Uilm al quale potrebbero partecipare anche i suoi metalmeccanici.

«Il giudizio della Cgil sulla finanziaria è quello fissato nel direttivo», ha detto il segretario della Cgil. Un messaggio diretto al leader della Fiom Gianni Rinaldini, che mercoledì dovrà decidere se aderire allo sciopero di due ore o seguire il suo segretario generale.

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