E la Mitteleuropa si lascia andare

da Roma
A cavalcioni sui platani, bambine bionde con le trecce e le gonnelle stile Tirolo sventolano bandierine tedesche. Sulle guance, il segno tricolore deutsch non fa tenerezza, anzi. Sarà perché abbiamo visto troppi cinegiornali d’epoca, ma il pensiero corre alle parate di Unter den Linden, con l’imbianchino austriaco felice, mentre saluta i bambini aggrappolati tra le fronde dei tigli, tutti ugualmente ariani. Tanto più che, sotto agli alberi lessi dal gran caldo, la comunità tedesca di stanza a Roma si è allineata sui muretti e chi dondola i piedi, chi soffia in certe trombe dal timbro unno, chi mangia lo stufato con rabbia, insomma, non circola proprio l’aria del volemose bene. Il carico da undici, poi, quanto a evocazioni della storia, ce lo mettono i robusti ragazzi attaccati alla bottiglia di birra, l’aria sfrontata e i polpacci bianchi gonfi di punture di zanzara.
Nel giardino del Goethe Institut, ieri sera, avevi voglia a invocare l’amicizia italo-germanica: manco l’ombra. «Ma se vincono loro, poi, chiamate la polizia per farci uscire di qua?», chiedono a inizio partita tre tedeschi in bermuda. È vero che la partitaccia Italien gegen Deutschland si segue sui maxischermi installati a Via Savoia, la strada più sussiegosa della Capitale, laddove risiedono i poteri forti, ma il tifo è tifo, non bada ai quartieri bene. Un paio di dignitosi vecchi romani, per dire, se ne stavano affacciati dai balconcini umbertini, a fissare anche loro i maxischermi dell’istituto, con la diretta da Dortmund.
«Perché son qui? Ma per vedere le cose da un altro punto di vista », filosofeggia una ragazza ridendo, mentre si avvia a far la fila per conquistare salsicciotti e patate. Già, la proverbiale precisione dei tedeschi. Su un cartello: Cibo e Bevande, freccia a destra. Su un altro foglio: Toilette, freccia a sinistra. Seduto in prima fila, su una seggiolina di plastica, l’ambasciatore Michael Gerdts sudava come tutti, guardandosi intorno per fiutare la Stimmung, come i tedeschi intendono lo stato d’animo. Perché fin dal primo giorno il Goethe si è adoperato per procurare benessere ai germanofoni e agli italiani, con tanto di doppio maxischermo, uno in cortile per i più estroversi, quelli pronti a sbucciarsi le gambe sedendo per terra, sul selciato, e uno dentro, nell’auditorium delle conferenze, per il pubblico più intimista e refrattario alla bestemmia. Qui, natürlich, ieri c’erano quattro gatti. Tutti fuori, a fischiare Llllippi, per dirla col telecronista tedesco, tizio foneticamente odioso.
C’è qualcosa di atavicamente in scalfibile, nel comportamento dei popoli, e ieri questo qualcosa si tagliava a fette.

Soprattutto quando si è capito che saremmo andati a Berlino, Noi altri, Pavarotti e spaghetti e nonostante der kommissar. Bisognava vederli, i tedeschi mogi e tristi andarserne via alla chetichella, per non partecipare alla festa azzurra.

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