E' morto Bulgarelli, bandiera del Bologna

Nessuno ha vestito tante volte la maglia rossoblù. Vinse uno scudetto nel '64 nello storico spareggio contro l'Inter

E' morto Bulgarelli, 
bandiera del Bologna

Bologna - Giacomo Bulgarelli è morto ieri sera a 68 anni dopo una lunga malattia. Lo ha reso noto questa mattina il Bologna sul proprio sito internet. "Tutto il Bologna Fc 1909, presidente, dirigenti, tecnici, giocatori e dipendenti si stringe alla famiglia nel ricordo di Giacomo, la più grande bandiera rossoblù", si legge sul sito.

Campione del Bologna e della Nazionale Si fece conoscere e apprezzare sul campo negli anni ’60 e ’70. Nel calcio di quegli anni dire Bulgarelli era come dire Bologna perché nessuno ha vestito tante volte come lui, 486, quella maglia rossoblù che non si è mai tolto dall’esordio all’addio al calcio e perchè per molti anni aveva anche la fascia da capitano. Ma dire Bulgarelli faceva (e per i meno giovani fa) anche pensare subito a Mazzola e Rivera, gli altri due talenti che fecero la storia di quel periodo (anche loro sempre Inter e Milan) e che con lui giocarono in azzurro.

Record di presenze Le statistiche ricordano quelle 486 partite ufficiali (392 in serie A, con 43 gol), le sue 27 gare in nazionale (sette reti), soprattutto quell’unico scudetto vinto nel 1964 all’Olimpico nello spareggio contro l’Inter con la squadra "che giocava come in paradiso", pilotata da Fulvio Bernardini, ma non possono ricordare che Bulgarelli per la Bologna del calcio è stato per molto tempo un simbolo, qualcosa di intoccabile come le Due Torri. 

Le offerte dai grandi club Da Bologna non si mosse mai, anche quando la squadra a fine anni ’60 cominciò a declinare e le offerte dei grandi club furono ripetute. Soprattutto quelle del Milan che con Rivera avrebbe riprodotto la coppia che Bulgarelli aveva fatto con Helmuth Haller in rossoblù. Lui pochi anni fa ci ha scherzato su: "Una volta mi ero anche convinto, il contratto era praticamente fatto, ma fu mia moglie a dire: 'Andar via da qui per vivere a Milano? Non ci penso neppure. È lei la bandiera del Bologna".

L'amore per la sua città Ma alla città era evidentemente affezionato molto. Tanto da tornarci sempre dopo un paio di tentativi non fortunati in ruoli dirigenziali in altre società e di restarci anche quando cominciò con successo la carriera di commentatore televisivo. Tanto da non gradire nella campagna elettorale per le amministrative una battuta di Cofferati: "Ha parlato di una città triste. Ma si è guardato allo specchio?".

Regista in mezzo al campo Capiva in anticipo dove sarebbe arrivato il pallone e lo sapeva giocare come pochi, facendo girare la squadra e coprendo la difesa. Insomma il più classico dei registi che aveva l’intuito per arrivare a fare anche qualche gol. In due partite, con Nielsen infortunato, Bernardini lo fece giocare da centravanti puro. E pur non avendo elevazione e colpo di testa, gli ultimi due campionati in serie A li giocò da libero dietro la difesa. L’ultima partita la fece nel maggio 1975 contro l’Ascoli. Aveva debuttato nell’aprile 1959 col Vicenza. Storico scudetto a parte, ha vinto poco (due Coppe Italia, una Coppa di lega italo-inglese) e in Nazionale non fu fortunato.

Nazionale: l'onta della Corea Debuttò alla grande (due gol) nei Mondiale del Cile del ’62 ma in un inutile 3-1 alla Svizzera con gli azzurri già eliminati e soprattutto fu coinvolto nel disastro-Corea del ’66 in Inghilterra. In panchina c’era Mondino Fabbri che del suo regista non voleva assolutamente fare a meno e che lo mandò in campo nella decisiva partita con gli asiatici nonostante un precedente infortunio. Bulgarelli obbedì, provò a fare la sua parte, ma un’entrata robusta gli costò un ginocchio.

Italia in dieci (le sostituzioni sarebbero arrivate molti anni dopo), tanti gol sbagliati e vittoria della Corea del Nord con rete del poi famoso Pak Do Ik. Un’onta per il calcio italiano che pesò tanto su Fabbri ma anche su molti di quelli che erano in campo.

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