E a Napoli il Pd è pronto all’ammucchiata

RomaPiatto ricco mi ci ficco. La splendida ammucchiata si rimaterializza a Napoli per andare tutti - nessuno escluso - in soccorso del vincitore. Pd, Idv, Sinistra e libertà, Verdi, Comunisti in servizio permanente effettivo (Fds) e persino, sotto sotto e piano piano, le ruote di scorta demitiane e finiane. Un patto elettorale finalizzato alla futura alleanza per il governo della città, presentato ieri in pompa magna. Cui si devono aggiungere, almeno per il voto del ballottaggio e (non ancora) per il patto di governo, l’ammiccamento del terzopolista Raimondo Pasquino («ci sono affinità con il programma di de Magistris») e quello di Fini («è difficile dire a un napoletano di votare per un uomo di Cosentino»).
Così Luigi de Magistris, dopo aver fatto ’o miracolo, miracolosamente finge di non accorgersi della compagnia. Di più: continua a rifiutare l’apparentamento formale e un po’ peloso di quelli che lo aborrivano fino a ieri e continua a chiedere voti indiscriminatamente, a destra e a manca. La sua voracità ha avuto gioco di ogni prudenza e resistenza, ma non ha mancato di suscitare forti timori nei partiti d’opposizione (Pd e Idv): e se il «fenomeno» de Magistris nessuno riuscisse più a controllarlo? Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, è stato il primo a capire che la situazione poteva diventare esplosiva, persino per la conservazione della propria leadership. Per questo, ha dato mandato al segreterio cittadino, Enzo Ruggiero, di stringere i tempi e chiudere un accordo anche sul «dopo» ballottaggio, con tutti i partiti d’opposizione a cominciare dal Pd. Fregandosene della riottosità di de Magistris.
La resa incondizionata del Pd, colpevole di uno sfacelo amministrativo senza precedenti, è stata invece ufficializzata a mezzo stampa da Massimo D’Alema, in un’intervista comparsa ieri sul Mattino. È stata, nel suo piccolo, la capitolazione di Hirohito imperatore del Giappone. Dopo aver promosso, manovrato e concluso ogni accordo di potere negli ultimi decenni - prima con il tramite, poi in condivisione con Bassolino -, D’Alema ha sfoggiato le parole umili e dignitose che si convengono in questi casi. «Come diceva un grande napoletano, Totò, il Pd voterà de Magistris a prescindere... Votiamo senza se e senza ma. Quello degli accordi è un problema che riguarda de Magistris... Una parte del nostro mondo ha deciso di punirci e lo ha fatto per i nostri errori, le tensioni interne, la vicenda sconcertante delle primarie... Ma quel mondo non è scomparso... e da lì dobbiamo ripartire con umiltà, rinnovando radicalmente e coraggiosamente». Non c’è verso di suscitare un minimo d’orgoglio, nell’ex premier, neppure quando l’intervistatore ricorda che de Magistris ha detto che non farebbe mai un comizio assieme al Pd Cozzolino, l’ex assessore bassoliniano al centro delle scandalose primarie con i brogli. «La nostra è una scelta di coerenza, di ciò che fa e dice de Magistris si prende lui la responsabilità».

L’obbiettivo dichiarato da D’Alema è scongiurare la possibilità che «il governo più antimeridionale che abbiamo mai avuto nella storia d’Italia crollasse nel Paese e vincesse nella capitale del Mezzogiorno...». Vittoria, dunque. Costi quel che costi. Persino se per mantenere le mani sulla città occorresse strisciare ai piedi del Pm che mandò a casa l’Unione di Prodi.

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