E nel governo è già iniziata la guerra sui conti pubblici

Altolà del ministro Ferrero: la spesa sociale non va ridotta

da Roma

Gli schieramenti sono gli stessi del luglio scorso. Rigoristi da una parte, sviluppisti dall’altra. Su un fronte quelli che si appellano al rispetto dei patti europei e confermano una finanziaria lacrime e sangue e dall’altra parte quelli che, soprattutto grazie alla situazione positiva dei conti pubblici e alla crescita del Pil sopra le aspettative, chiedono di rinunciare ai tagli e di dedicare tutte le risorse mosse dalla finanziaria per l’equità sociale e al rilancio dell’economia. La prima battaglia è già iniziata e riguarda l’entità della manovra. Le parole del ministro allo Sviluppo economico Pier Luigi Bersani, che al Meeting di Rimini ha confermato una correzione lorda di 35 miliardi di euro, tutti in un anno (cifra che farà della finanziaria 2007 la seconda più pesante della storia italiana) hanno provocato una replica immediata del ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero. L’unico ministro di Rifondazione comunista e anche l’unico membro del governo a non aver votato il Dpef. La parte del documento di programmazione economica e finanziaria che a Ferrero non piacque era proprio quella relativa alla finanziaria 2007. Poca chiarezza sui tagli, l’accusa mossa al ministro dell’Economia prima delle ferie.
Ieri ha rilanciato, sposando la tesi di chi vorrebbe spalmare gli effetti della manovra su due anni. La prossima legge Finanziaria, è l’avvertimento di Ferrero, «dovrà essere coerente con il programma dell'Unione e dovrà perciò essere spalmata su due anni in modo da recuperare le risorse dall’elusione e dall’evasione fiscale e non attraverso tagli alle spese sociali». L’attenzione del ministro è concentrata in particolar modo sulla previdenza. «Non ci potrà essere alcun taglio alle pensioni», ha avvertito.
La previdenza, insieme alla sanità, il pubblico impiego e gli enti locali, sono i capitoli dai quali il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa dovrebbe reperire i 35 miliardi della Finanziaria 2007. Ma sui tempi entro i quali dovranno essere realizzati i risparmi c’è effettivamente incertezza. Ieri il ministro della Funzione pubblica Luigi Nicolais ha assicurato che i 35 miliardi saranno «spalmati in due anni, impostando riforme strutturali». L’obiettivo che negli incontri di questi giorni avrebbe indicato il presidente del Consiglio Romano Prodi, sarebbe quello di «evitare il più possibile i tagli per fare riforme vere sul lato della spesa». Sulla linea pro sviluppo si schierano anche i centristi dell’Udeur. Servono «riforme e giustizia sociale nella finanziaria», ha ribadito Mauro Fabris, capogruppo del campanile alla Camera. Sulla stessa linea si attesta anche il sottosegretario all’Economia Paolo Cento. L’esponente dei Verdi nei giorni scorsi aveva stupito con dichiarazioni quasi rigoriste. Ieri si è riposizionato. «Se serve ad evitare tagli alle spese sociali e riduzione dei finanziamenti politico-ambientali - ha spiegato - allora è molto meglio pensare di spalmare in due anni la manovra di 35 miliardi annunciata per questa finanziaria». L’alleggerimento della manovra, secondo l’esponente del Sole che ride, potrebbe trovare anche una sponda a Bruxelles. «La politica di rigore avviata dal governo, rende credibile una iniziativa in sede europea per contrattare il rientro del deficit del 3 per cento nel 2008 anziché nel 2007».
Per trovare una voce a favore del rigore, ieri, bisognava rivolgere lo sguardo verso Francoforte.

«L’attuale fase economica positiva è quella migliore per affrontare con decisione il problema del consolidamento fiscale in Europa, ma soprattutto in Italia, riducendo con coraggio la spesa pubblica in rapporto al Pil», ha sostenuto Lorenzo Bini Smaghi, membro del consiglio esecutivo della Banca centrale europea.
«Nel caso italiano - ha aggiunto - la riduzione del debito e della spesa pubblica hanno priorità assoluta, più che in altri Paesi, a causa dell'alto livello del debito».

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