Lo scontro finale è già qui. Il Bossi che levando lampolla dal sacro Po incorona una volta di più il figlio, «meno male che Renzo cè», e gli striscioni dei sindaci piemontesi che invadono il Monviso allurlo di: «Dovè il federalismo? Giù le mani da Tosi», sono la rappresentazione plastica dellArmageddon del Carroccio.
Prima strisciante, il conflitto, con le mosse di posizionamento delle anime interne: il cosiddetto Cerchio magico stretto intorno al Capo, la base di sindaci e militanti schierata con Maroni. Poi allo scoperto sulla manovra, di qua Marco Reguzzoni a difenderla, di là lo stesso ministro dellInterno a osteggiarla col supporto di sindaci di peso, da Attilio Fontana a Varese, casa di Umberto, a Flavio Tosi, che da Verona non le ha mandate a dire: «Berlusconi faccia un passo indietro», ha detto sconfessando il Senatùr, fedele allasse col Cavaliere. E adesso? Dicono i maroniani che a dare il segno del caos è proprio il comizio di ieri di Bossi, che ha dato un avviso di sfratto a Berlusconi prima del 2013, rilanciando la Padania: «Macché secessione! LUmberto così cerca di recuperare consensi, ma parlare di secessione adesso è segno di quanto ormai sia fuori tempo. Solo che così i consensi li perde, perché è di unautonomia alla tedesca che bisognerebbe parlare».
Gli occhi sono puntati a domani: si va a Venezia, ci saranno tutti, anche Tosi. Il servizio dordine è stato rafforzato, perché si temono contestazioni interne. «Se ci saranno, sarà chiaro il gioco dei maroniani» avvertono dal Cerchio magico. Replica immediata: «Se ci saranno, sarà solo la prova che abbiamo ragione noi, se fossero davvero intelligenti la Finanziaria lavrebbero fatta meglio». Ma non è sulla foce del Po che si farà la storia. Cè chi lascia trapelare la possibilità di un colpo di scena, Bossi che restituisce il favore a Tosi dal palco. «E chi lo sa - dicono i fedelissimi del sindaco -, magari la Manuela riuscirà a fargli dire qualcosa di tremendo. Ma Tosi non lo tocca nessuno, ha troppo consenso». Del resto: «Le voci sullespulsione è il Cerchio magico a metterle in giro, quelli sono articoli dettati da Roma». Ecco, la Manuela Marrone, seconda sposa dellUmberto, «lanima nera della Lega» lha definita Panorama. «Non è mica tanto lei il problema», ti spiegano i colonnelli di Bobo. Sì, certo, «cerca di assicurare un futuro ai figli, è normale». Infatti dietro a Renzo ecco Roberto Libertà, sul trampolino per un incarico nel partito. E sai che cè? Che non è mica tanto Renzo il delfino, non a caso papà lo ha marchiato a vita con quel «Trota». È sullaltro, il più piccolo dei figli, che punta Bossi. Lha chiamato Sirio come la stella più luminosa e Eridano come lantico nome del Po. Dicono che da due anni studia da capo. I 18 anni, vedi un po il caso, li compie nel 2013 delle Politiche. «Ma la Lega sarà pure lultimo partito stalinista, però non siamo in Corea, che ci mettiamo nelle mani dei figli del caro leader» ironizzano i maroniani. E insomma che «più della sciura Bossi il rischio sono le persone di cui si è circondata». Il dito è puntato sulluomo dei soldi, Francesco Belsito, il sottosegretario che ha ereditato la cassa del partito da Maurizio Balocchi. È lui, in fondo, a dare la linea, perché è lui che decide a chi e per che cosa scucire i danari.
E poi cè Rosy Mauro, blindatissima da quel maledetto 11 marzo del 2004, il giorno dellictus. Fu subito accanto al capo, nessuno lha più schiodata. È lei la testa dariete con cui si cerca di sfondare la vecchia guardia, lultimo blitz lo ha tentato in Lombardia. Ma cera un altro leghista quel giorno del 2004. Lo avvertì Aurelio, lautista di Bossi, potenza dei legami bergamaschi: Roberto Calderoli. Lo chiamano il «Giano bifronte», perché, in prima linea in difesa di Manuela in questi giorni, strizza locchio anche ai maroniani.
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