RomaLa carica dei quasi 2.500 emendamenti al decreto legge sulle liberalizzazioni si appresta a partire. Una raffica di richieste di modifica sulle quali andrà in scena il primo, vero scontro tra le prerogative parlamentari e i tempi stretti imposti dal governo. Martedì il testo arriva in commissione Industria, al Senato, dove rimarrà per tre giorni e dove si prevedono sedute notturne per accelerare i tempi. Il decreto dovrebbe arrivare in aula a fine febbraio, probabilmente il 28. Lobiettivo è chiudere la partita entro la settimana rispettando il patto tacito con il governo. I tempi, però, sono stretti e nessuno se la sente di escludere il ricorso alla fiducia: unincognita che potrebbe portare allo scoperto i malumori dei tanti senatori che hanno un rapporto stretto con luna o laltra categoria interessata al decreto.
Alla vigilia della disfida parlamentare fioccano le rassicurazioni. «Il Pdl concentrerà la propria azione su un numero limitato di questioni per le indispensabili correzioni tese a migliorare un decreto che è formato, è bene ricordarlo, di ben 98 articoli che toccano qualsiasi settore o materia» spiega il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri. Pier Ferdinando Casini fa sapere che «lUdc è pronta a ritirare anche tutti i propri emendamenti. I partiti non devono essere i taxi con cui le corporazioni frenano il processo di liberalizzazione». Di «interlocuzione positiva» con lesecutivo parla Anna Finocchiaro. La mole degli emendamenti presentati da Via del Nazareno è però consistente. «Quelli del gruppo sono circa un centinaio» dice la capogruppo Pd al Senato. Pier Luigi Bersani, a sua volta, promette che «il Pd sarà in prima linea» per portare a casa, dopo anni di stallo», delle vere e proprie aperture di mercato».
Se Pdl e Pd si preparano al confronto sulle liberalizzazioni mantenendo le loro posizioni, vive un momento difficile anche la trattativa sulla legge elettorale dove pure i due maggiori partiti hanno un naturale interesse a un accordo. La bozza Violante, circolata in queste ore, è stata letta come una fuga in avanti e ha suscitato perplessità sulluno e laltro fronte. Lo stesso Bersani - che pure rassicura dicendo che «non ci sono ostacoli insormontabili» - non sarebbe stato a conoscenza dei dettagli del sistema circolato in queste ore. Una situazione dai contorni paradossali visto che lo schema tedesco con premio ai partiti più grandi (quelli sopra il 10-12%) non può andare bene alle due forze maggiori, perché concede troppo spazio di azione al Terzo Polo.
In realtà la partita è complessa perché entrambe i partiti, più o meno dichiaratamente, guardano alla legge elettorale anche come uno strumento con cui per creare le condizioni per una possibile alleanza con i centristi. Il Pd vorrebbe strapparsi di dosso la camicia di forza delle alleanze obbligate con lIdv. Per questo un sistema che non imponga di dichiarare in anticipo le alleanze e dopo il voto consenta di giocarsi anche la carta dellaccordo con Casini viene letto come unopzione interessante.
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