E ora cambierà lo scenario del mercato

Anche se le Big Three sono state spazzate via dalla crisi e dalla nuova geografia del mercato dell’auto (nel 2009 la Cina, con oltre 13,5 milioni di unità vendute, ha superato gli Usa, mentre a contendersi la leadership mondiale sono ora Toyota e Volkswagen) i tre soggetti che costituivano questa entità (Gm, Ford e Chrysler) si preparano ad affrontare uno scenario in piena evoluzione e denso di incognite. Eccetto Ford, che è sopravvissuta alla débâcle del settore senza battere cassa al Congresso americano grazie alla politica di contenimento dei costi adottata dal suo numero uno Alan Mulally, per General Motors e Chrysler il 2010 rappresenta l’anno della rinascita.
E proprio per celebrare il salvataggio andato a buon fine dell’industria automobilistica americana, saranno Nancy Pelosi e Ray Lahood, rispettivamente speaker della Camera dei rappresentanti Usa e segretario ai Trasporti della Casa Bianca, a visitare oggi l’Auto Show di Detroit nella giornata dedicata alla stampa mondiale. A spiegare ai due rappresentanti dell’amministrazione Obama lo stato dell’arte della ristrutturazione in atto delle ex Big Three (Ford ha appena ceduto Volvo ai cinesi di Geely), ci sarà anche Sergio Marchionne, neo amministratore delegato di Chrysler, al suo primo Salone di Detroit in questa veste. Dal top manager italiano, come dal presidente di Gm, Ed Whitacre, e dallo stesso Mulally di Ford, la Pelosi e il ministro Lahood vorranno essere aggiornati sugli investimenti nelle motorizzazioni ecologiche e, soprattutto dai primi due, sull’avanzamento del risanamento delle rispettive aziende.
Solo un anno fa, di questi tempi, sempre all’Auto Show di Detroit, l’ex ceo di Gm, Rick Wagoner, ormai in aria di siluramento, aveva aperto la conferenza stampa annuale sostenuto dalla claque di un centinaio di operai per dimostrare all’opinione pubblica che buona parte della manodopera del gruppo stava dalla sua parte e ne aveva condiviso le scelte. Fuori dalla Cobo Hall, invece, l’altra faccia della medaglia, quella vera, con la protesta composta di tanti altri operai consapevoli che il gruppo, così come organizzato, era arrivato al capolinea.
Oggi della vecchia Gm, dopo il recente addio del responsabile operativo Fritz Henderson, ai vertici è rimasto solo l’immarcescibile vicepresidente Bob Lutz, 78 anni, protagonista mesi fa di un clamoroso dietrofront: andato in pensione con l’intenzione di dedicarsi al ruolo di commentatore tv, è rientrato a sorpresa nel gruppo. Un drammatico segnale dell’incapacità di rinnovamento a livello manageriale, per altro sollecitata da Barack Obama, all’interno del colosso dell’automobile finito in bancarotta.
La Pelosi e Lahood dovrebbero uscire soddisfatti dal tour odierno: il presidente di Gm, Whitacre, proprio l’altro giorno ha annunciato il possibile ritorno all’utile del gruppo già quest’anno, anche se il risultato dipenderà dall’andamento dell’economia. Ai due membri del governo, poi, Whitacre dovrebbe indicare anche il nome di chi, nei prossimi anni, avrà il compito di rilanciare l’azienda e guidare il rinnovamento della controllata europea Opel, il cui futuro sarà delineato a metà mese quando verranno resi noti i dettagli del piano industriale. Candidato alla carica di ceo di Generale Motors è l’attuale direttore finanziario Chris Liddell.
Denominatore comune per Gm, Ford e Chrysler è dimenticare al più presto il 2009, l’anno peggiore dal 1982, con le vendite di vetture precipitate negli Stati Uniti a 10,4 milioni (-21,2%). Per la sola Chrysler, il 2009 è stato l’anno peggiore dal 1947: immatricolazioni sotto il milione di unità a 931mila (-35,9%). Anno nero anche per Gm (-29,9% a 2.071.749 veicoli). Più contenuta la riduzione delle vendite sul proprio mercato per Ford (-15,3% a 1.616.

095 veicoli) che però, per la prima volta dal 1995, è tornata a guadagnare come quota di mercato. Anche al di qua dell’Atlantico gli ecoincentivi hanno evitato il peggio, con benefici al parco circolante abbondantemente ripulito grazie ai 14 milioni di automezzi demoliti.
PBon

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