Adalberto Signore
da Roma
«Faremo unopposizione dura e difenderemo le riforme approvate in questi cinque anni». Nel breve Consiglio dei ministri che chiude la stagione di governo della Casa delle libertà, Silvio Berlusconi guarda già avanti. E chiede a tutti i partiti del centrodestra «la massima compattezza» nella battaglia referendaria ormai alle porte. Secondo il premier, infatti, quella del 25 giugno potrebbe essere loccasione per dare «una prima spallata» a Romano Prodi e rilanciare lopposizione. Che, dovessero vincere i «sì» alla devoluzione, tornerebbe a ribadire - questa volta con il conforto del voto - che il centrosinistra è maggioranza in Parlamento ma non nel Paese.
Quindi, spiega il premier nellultima riunione del governo, sul fronte referendum serve «unopposizione unitaria» perché «sarà il primo appuntamento chiave del dopo elezioni» e per vincerlo «dovremmo comportarci in modo compatto, come fossimo ancora la maggioranza».
Un appello, quello del Cavaliere, che trova ovviamente daccordo i due ministri della Lega, Roberto Castelli e Roberto Maroni. E che il premier aveva già annunciato qualche giorno fa a Umberto Bossi. Se il Carroccio ha dato la sua disponibilità ad appoggiare la candidatura di Giulio Andreotti per la presidenza del Senato, infatti, è solo perché il Senatùr ha avuto garanzie sul fatto che sia An che lUdc appoggeranno la battaglia referendaria in modo deciso. Insomma, non solo formalmente ma mettendoci la faccia in prima persona. Così, Berlusconi torna sulla questione e lo fa nellultima occasione formale dincontro della Casa delle libertà. Se An, infatti, ha già dato il suo appoggio (molte le telefonate tra Gianfranco Fini e Bossi nellultima settimana) al punto da costituire pure dei comitati per il «sì», lUdc pare invece più cauto. E ancora non è chiaro quanto Pier Ferdinando Casini sia disposto a investire per la battaglia referendaria (che non convince affatto la pancia del partito, soprattutto i dirigenti regionali e provinciali del Sud Italia). Sulla questione, però, con i suoi Bossi è piuttosto chiaro da giorni: «La candidatura Andreotti è unidea anche di Casini. Se sul referendum pensa di fregarci, la Casa delle libertà finisce qui».
Oltre a rilanciare la battaglia sulla devoluzione e tendere una mano alla Lega, il premier risolve pure il delicato caso Tremonti. Che da giorni minaccia di lasciare Forza Italia e iscriversi al gruppo misto dopo la decisione di Berlusconi di preferirgli Elio Vito come capogruppo alla Camera. I due «contendenti» si incontrano in Transatlantico di prima mattina e si salutano con un abbraccio affettuoso, segno evidente che i motivi di tensione sono ormai superati.
Dopo venti e passa minuti di chiacchiere il ministro dellEconomia uscente si limita a un sorridente «no comment» mentre Vito spiega che «la polemica lhanno creata i giornali» ma in realtà «non cè mai stata».
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