Il Cairo È una «presa di coscienza» del mondo arabo che «si sta preparando a ribellarsi alle dittature»?. La domanda viaggia su Twitter e Facebook fra i giovani egiziani, che seguono con grande attenzione la rivolta del pane prima in Tunisia e poi in Algeria. Uno di loro aveva anche pensato di organizzare una manifestazione di solidarietà con i manifestanti tunisini, poi annullata per lattentato ad Alessandria, mentre fra i commentatori e giornalisti di opposizione prevale lidea che quanto sta avvenendo nei due Paesi maghrebini avrà un effetto domino in Egitto, che ha vissuto simili proteste nel 2008.
Nei messaggi sul web i giovani più disincantati si confrontano con quanti vedono nella rivolta del Maghreb quasi un esempio per lEgitto. «Vi dimenticate che da noi non succede niente» scrive un giovane, mentre un altro dice che occorre invece «incoraggiare la gente a non farsi prendere dalla passività e dalla disperazione». «Ecco un popolo che muore per la patria e non per una partita di calcio», ironizza un internauta, riferendosi alle violenze che sono scoppiate in Egitto quando lAlgeria ha battuto la nazionale, escludendola dai mondiali del Sud Africa. Il cambiamento verrà dallAlto Egitto «per le condizioni difficili nelle quali si trovano i giovani» prevede un altro blogger, mentre si intrecciano slogan come «Sì al cambiamento e alla democrazia, No alla frode e alla corruzione».
Il noto blogger dopposizione Mohamed Marei aveva pensato con altri blogger di organizzare una manifestazione di sostegno domenica scorsa in centro al Cairo, ma dopo lattentato ad Alessandria è stato tutto bloccato. «I regimi arabi dittatoriali e polizieschi sono falliti. La situazione ha cominciato a esplodere il Tunisia, il contagio è arrivato in Algeria e senza dubbio toccherà altri Paesi arabi», dice Marei.
Mentre sul web il dibattito è vivace, gli avvenimenti di Tunisia e Algeria finora non hanno avuto una grande eco sulla stampa egiziana, concentrata sullattentato di Alessandria. Secondo un commentatore del quotidiano indipendente Masri El Youm, Hassan Nafaa, «esistono denominatori comuni fra Tunisia ed Egitto. Una famiglia dirige il Paese. Ben Ali controlla la situazione grazie alla polizia mentre sua moglie e i suoi figli controllano leconomia: la stessa situazione cè in Egitto».
«Gli egiziani sono più pazienti», osserva, anche se a suo giudizio ci sarà leffetto domino pure in Egitto. «La situazione politica è tesa: cè delusione popolare per le frodi elettorali alle elezioni di dicembre, con lo spettro di una transizione alla presidenza, da padre in figlio».
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