Milano - Da buon «ex apolide», «meticcio», «ebreo fortunato», già «militante di Lotta continua che non ha motivi di vergognarsi» (tutte auto definizioni), poi definitivamente conquistato dall’ebbrezza del capitale (celebre il suo volo in elicottero con l’Avvocato, raccontato poeticamente sulla Stampa di cui era nel frattempo diventato vicedirettore), Gad Lerner è tipo che bada al sodo, e anche al liquido. Giampaolo Pansa, una volta, gli affibbiò un nomignolo: il «serpenonte», specie rara di «serpente incrociato con un camaleonte, specializzato in camuffamenti rapidi, sempre imprevisti, sempre redditizi».
Ebbene, al serpenonte Lerner il Riformista ha chiesto un parere sulla trattativa - in punta di cash - tra Michele Santoro e la Rai per l’eventuale liquidazione da circa 10 milioni di euro. Giusta? Sbagliata? Troppo cara? Conveniente? L’ex gramsciano Gad (nella foto) propende per l’ultima ipotesi. La ragione contabile sta, per Lerner, in una pura logica di mercato, cui il giornalista già prodiano sembra essersi convertito in toto (almeno quando riguarda i compensi degli anchormen).
Siccome Santoro - ragiona Lerner - prende all’anno pressappoco quanto lui, vale a dire 700mila euro lordi tra stipendio e bonus produzione, ma fa molto più share di lui, ecco che il collega di Annozero dovrebbe prendere, ad esser seri, molto ma molto di più. Che equivale a dire, a ragion di logica, che si potrebbe anche ridurre lo stipendio di Lerner. Facendo due calcoli, siccome gli ascolti di Santoro viaggiano sul 20 e qualcosa per cento di media, mentre quelli di Lerner sul 3 e qualcosa per cento, se ne deduce che Santoro straccia il collega sei a uno. Cosa che, se applicassimo l’aritmetica lerneriana, dovrebbe fruttare a «Sant’euro» (copyright Dagospia) un contratto sei volte più ricco del suo, oppure in alternativa, una divisione per sei di quello di Lerner. Alle spicce, Santoro porterebbe a casa più o meno 4 milioni di euro all'anno. Una cifra perfettamente adeguata, secondo il vip di La7, che di contratti e contrattazioni se ne intende.
Arrivato nella tv di proprietà Telecom aveva ottenuto l’agganciamento della sua retribuzione ai risultati di share e anche la possibilità di ottenere partecipazioni azionarie in Telecom. Insomma, a suo modo, uno squaletto. Poi, cambiata la proprietà della rete, Lerner tratterà la sua liquidazione, naturalmente ben pasciuta (con cui si comprò una villa nel Monferrato, ahilui infestata di zanzare), come si conviene a un collega che si picca di appartenere a una categoria giornalistica privilegiata, che rispetto agli omologhi della carta stampata incassa «venti volte tanto».
Beato lui. Tutta questione di mercato, che se ce ne fosse di più Lerner sarebbe solo contento, così «non rimarrebbe in panchina uno come Mentana». Mercato, ma anche un pizzichino di politica, giusto un po’. Lerner è il difensore del libero scambio che però nell’aprile del 2006 scrisse al quotidiano di partito Europa per dire che «non ho alcun bisogno di turarmi il naso per votare Margherita al Senato».
Lerner è il liberista che consiglia a Santoro di farsi pagare di più e di paragonarsi agli indiani, più che a Custer, ed è il liberale che si racconta come «infedele», ma è lo stesso «infedele» che per anni ha fatto il Pippobaudo dell’Ulivo e il
consigliere di Prodi, che lo portò al Tg1, da cui uscì, e ci mancherebbe altro, con una liquidazione bella ricca. In fondo, a pensarci bene, è senz’altro lui il più adatto per dare l’ultima dritta a Santoro e Lucio Presta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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