E ora per Prodi si apre il «caso» Cnr

E adesso per il governo si apre il «caso Cnr», che rischia di diventare molto imbarazzante. Non fosse altro che a rischio c’è il futuro di 15mila dipendenti dell’ente, oltre che della ricerca in Italia. Il dato di partenza è la recente nomina, da parte del consiglio del ministri, del professor Fabio Pistella alla presidenza del Centro nazionale per l’Informatica e la Pubblica amministrazione (Cnipa). Un riconoscimento per i buoni risultati conseguiti alla guida del Cnr, che pone però un problema serio all’esecutivo. Perché non è facile sostituire Pistella, che è riuscito a far funzionare un ente in totale dissesto finanziario. Basta dare un’occhio al consuntivo: il contributo dello Stato di 548 milioni di euro non basta nemmeno per pagare gli stipendi. Gli oltre 520 milioni necessari per le attività scientifiche provengono da una vasta attività di collaborazione promossa da Pistella con Unione europea, Regioni, enti pubblici e industrie.
A complicare la situazione l’assenza di chiari indirizzi su missione, struttura, organizzazione e finanziamenti del Cnr, basti pensare che la proposta di legge del ministro dell’Università Fabio Mussi è ferma in Parlamento, che il piano nazionale della ricerca non è stato aggiornato dal ministro e che il Dpef tace sull’argomento. Il tutto mentre i finanziamenti alla ricerca si avviano a toccare il minimo storico di sempre.
Adesso è l’Usi/Rdb a lanciare l’allarme, con un comunicato in cui si fa presente che «si è in attesa della nomina di un commissario al Cnr dopo che lo stesso Pistella e almeno 3 componenti del Cda avranno rassegnato le dimissioni». In caso di contemporanea dimissione del presidente e di un terzo dei componenti del Cda (e cioè di tre degli attuali membri), secondo la legge il presidente del consiglio deve infatti disporre la decadenza degli organi in carica.
Dei sette consiglieri attuali, i due nominati dal precedente governo sono «refrattari» a pressioni.

Agli altri, nominati da Conferenza Stato-Regioni, Unione delle Camere di Commercio, Confindustria e Conferenza dei rettori, potrebbe venir chiesto di dimettersi, oppure, come paventa l’Usi, il governo potrebbe chiedere agli organismi che li hanno indicati di revocarne gli incarichi senza alcun motivo giuridico o professionale. Ma le conseguenze di indebite pressioni potrebbero essere devastanti, per Mussi e per l’intero governo Prodi.

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