Benvenuti al «Colletta». Forse un istituto con questo nome non esiste, ma il concetto di «colletta» è ormai trasversale a gran parte delle scuole italiane: dallasilo nido alle superiori, passando per elementari e medie. Sta di fatto che la strategia economica del «Colletta» punta a battere cassa, sempre e comunque. Appena il piccolo entra in classe, la prima richiesta alla famiglia: «Serve un piccolo aiuto per acquistare la carta igienica...»; passa un mese, ed ecco una nuova comunicazione ai genitori: «Abbiamo bisogno dei gessetti, potete sostenerci?»; e poi, di obolo in obolo, ecco arrivare il «contributo festa di Carnevale», il «contributo saggio di fine anno», il «contributo gita scolastica» fino al, fondamentale, «contributo Halloween».
Scusate ma, trattandosi di scuole pubbliche, tutte queste belle cose non potrebbero essere finanziate con i soldi del ministero della Pubblica istruzione? «No - rispondono in coro i presidi, insegnanti e provveditori anti-Gelmini -, perché da questanno i fondi sono stati tagliati e noi siamo costretti a chiedere aiuto alle famiglie...». Ma la situazione è veramente questa? O non sarà invece che, in molte scuole, il budget finanziario annualmente a disposizione viene mal gestito? Tanto poi, in caso di necessità, si può sempre chiedere alle famiglie degli studenti di mettere mano al portafoglio... Intendiamoci, nessun genitore è così tirchio da negare qualche euro extra per lacquisto di «carta igienica», «sapone liquido», «dentifricio» e via toilettando. Ma è il principio che conta: è dignitoso per una scuola non riuscire a far fronte alle esigenze di prima necessità degli studenti?
La risposta è (dovrebbe) essere «no». Eppure le storie che vengono da molti istituti italiani dimostrano il contrario. Insomma, le famiglie usate come slot-machine per salvare scuole col bilancio in rosso. Ma la situazione diventa paradossale quando dai pochi euro per «piattini di plastica», «rotoloni Scottex», «tovagliette per la mensa», «pennarelli e materiale di cancelleria», si passa ai tanti euro chiesti dalla dirigente didattica del primo circolo di Agrigento, la quale ha informato i genitori dei bimbi che frequentano la materna che dovranno provvedere all'assunzione e quindi al pagamento di una «badante» che si prenderà cura dei propri figli dalle 10,30 alle 12,30. Il motivo? I bidelli sono impegnati in altri lavori. Ma stiamo scherzando? Sembra una barzelletta, purtroppo è la realtà. Esattamente come è reale lannuncio fatto dal preside del liceo scientifico «Newton» di Roma: «Per installare gli erogatori di disinfettanti e limitare così il rischio del contagio dallinfluenza A, saremo costretti a chiedere un ulteriore aiuto economico alle famiglie degli studenti, che già ci finanziano volontariamente con 100 euro ogni anno. In pratica è come se il disinfettante a scuola lo pagassero loro». Infine una postilla che fa cadere le braccia dallo sconforto: «Senza il contributo dei genitori, non riusciremmo a pagare neppure le supplenze...».
E che dire della comunicazione che si sono visti inserire nel diario i 973 alunni dellistituto polivalente di Trofarello, in provincia di Torino? «I genitori che ritengono di supportare la scuola, sono invitati a versare 2 euro perché mancano i soldi per comprare la carta, i toner delle fotocopiatrici e le cartucce delle stampanti, la cancelleria della segreteria, i registri degli insegnanti e i fogli protocollo per gli esami».
Povera scuola.
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