E Palermo si gode la sua vittoria: il negozio pizzo-free

nostro inviato a Palermo

Basta tirare dritto all'ultima curva. Mica si può andare sul traguardo a celebrare un maglia rosa di nome Vandevelde. Meglio proseguire poche centinaia di metri e svoltare in via Vittorio Emanuele, nel cuore della vecchia Palermo, di faccia alla Vucciria. Qui davvero si può celebrare una vittoria degna del nome, forse un giorno, più avanti, con altre controprove, persino storica. Un negozio d'angolo, neanche tanto grande. La sua insegna, esibita proprio davanti ai quartieri della città più vecchia e più oscura, è la vittoria stessa. «Punto pizzo-free»: in vetrina, sugli scaffali, solo merce naturale in senso pieno. Senza gli additivi tossici della mafia.
Ci sono tanti motivi per fare tappa qui. Il primo è chiaramente la scommessa in sé: fare commercio con prodotti che rifiutano la condanna del pizzo. Il secondo, altrettanto importante, forse persino di più: se la sono inventata due ragazzi. Fabio Messina e la sua fidanzata Valeria Di Leo, lui 29 anni e lei uno in meno. Lungo le strade del Giro, anche questa una storia molto rosa. Sa di amore e di passione. Sa di Sicilia nuova e di Italia diversa.
Mentre fuori dalla porta, per colpa e per merito dei ciclisti, Palermo riesce ad essere più confusa del solito, è Valeria a raccontare l'azzardo. Non un gioco da ragazzi: in realtà come queste, una cosa terribilmente seria e coraggiosa. «È un'idea che Fabio cullava da un paio d'anni. Lui è uno skipper, ha lavorato anche sulle navi da crociera. D'estate va per mare sulle barche. Da qualche anno però mandavamo avanti un'enoteca insieme, giù al porto. Ci siamo sempre divisi il lavoro. Tempo fa, ci è capitata l'occasione di acquistare un locale tutto nostro. Questo. Non ci siamo lasciati sfuggire l'occasione, abbiamo realizzato il sogno».
Lo scorso 8 marzo, come un omaggio anche al pianeta valoroso delle donne, l'apertura. Un piccolo mercato dove si trova di tutto: dalle coppole alle biciclette, dalle confetture ai libri, dai rigatoni al vino tipico. I prezzi, né più né meno quelli di mercato. Il filo logico che lega assieme tanta varietà non è merceologico. È etico. Tutto viene prodotto da aziende che hanno messo alla porta gli sgherri del pizzo. All'inizio pochi temerari, oggi sempre di più.
Valeria è una ragazza con un garbo e una semplicità delicatissimi. Racconta la sua vita senza inutili enfasi e smaccati compiacimenti. Si percepisce subito che non cerca medaglie. «Non siamo eroi. Vogliamo solo normalità. Da tanto tempo noi appoggiamo l'attività di "Addio pizzo", l'associazione di giovani nata quattro anni fa in quel modo così inconsueto: una mattina, Palermo si svegliò e trovò i muri tappezzati di manifesti con la scritta poi diventata famosa, "Un popolo che continua a pagare il pizzo è un popolo senza dignità". Aprendo un negozio nostro, ci è sembrato giusto fare un altro passo avanti. Senza colori politici, senza scelte di parte. È solo e semplicemente una scelta morale».
Sono sincero: arrivando qui a quasi tre mesi dall'apertura, temevo fortemente di trovare le saracinesche calate. Si sa come spesso finiscono certe avventure, dalle nostre parti: tanti applausi, tanti articoli, tanti collegamenti tv il giorno dell'inaugurazione, poi la coltre del silenzio che cala lentamente. E i poveracci a restare soli, in balìa della brava gente che sa aspettare il momento opportuno per mettere il bastone tra le ruote, per fare terra bruciata, e poi colpire. Ma stavolta non è così. Le saracinesche sono su, le luci sono ben accese. Dentro c'è persino una ragazza francese: «Sono qui perché ho letto un reportage sui nostri giornali. Questa storia ha molto colpito, da noi...». E non solo da loro. Valeria racconta che ciclicamente si presentano troupe e inviati da tutto il mondo. Negli ultimi tempi, dal Giappone. Il mondo guarda Palermo e l'Italia, per una volta scoprendo che non è tutto malavita e P38.
A tutti quanti, Valeria è lieta di confermare una buona notizia: gli affari vanno bene. La sfida tiene. Il fatturato pure. «Ovviamente ci fa piacere che da noi entrino tanti turisti stranieri. Ma la cosa che davvero ci rende più felici è vedere qui dentro tanti palermitani. Più di quanti pensassimo. Entrano persino gli anziani, che per forza di cose sono più diffidenti e più legati agli eterni metodi di una certa Sicilia. Comprano e ci fanno pure i complimenti».
Fuori, la sfilata supersonica della cronometro a squadre richiama una folla inattesa lungo i viali del centro. Qui dentro, la maglia rosa del coraggio svela qualche altro dettaglio di una vita dalla parte giusta. Le chiedo quello che mezza Italia chiederebbe subito: «Visite strane? Minacce, segnali, caldi inviti a non rompere gli equilibri secolari?». Valeria sorride. «Le visite più assidue sono quelle dei carabinieri. Sono i nostri veri sostenitori. Ogni tanto passano, con discrezione. Li sentiamo vicini». E gli altri? Le istituzioni, le associazioni di categoria tipo Confcommercio e Confindustria? «Sinceramente, non si sono mai fatte vive...».
Nessuna acredine. Non c'è risentimento e non c'è rivincita, tra gli scaffali dei prodotti «pizzo-free». Come ciclisti sublimati dalla fatica, Fabio e Valeria scalano la loro salita senza chiedere spinte a nessuno. Guardano avanti, verso nuovi traguardi. «Ci stanno contattando da varie parti d'Italia. Presto, ci piacerebbe che aprisse una catena di negozi in franchising nelle altre città, tutti con il nostro marchio...».


Appuntamento con l'idea di domani: comprare a Udine e a Cuneo, a Bologna e a Savona, la merce giusta che sta dalla parte giusta. Un nuovo marchio del made in Italy, il più difficile e il più atteso. Un vero marchio di qualità. Umana.

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