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E le panchine mondiali parlano olandese

Riccardo Signori

Ha già vinto l’Olanda: il mondiale dei ct. Quattro sulla panchina più una squadra in campo. Uno sberleffo per i tedeschi che, con gli olandesi, si guardano sempre di sbieco. Tutti nomi pesanti: Marco Van Basten, leader della nuova generazione, e tre vecchi leoni. Dick Advoocat, che a 57 anni è stato pescato dalla Corea del sud, dopo che Jo Bonfrere, altro olandese, aveva portato la squadra al mondiale e si era dimesso. Guus Hiddink il ct part time, alla soglia dei sessant’anni, che si è diviso tra l’Australia e il Psv Eindhoven, ricavandone (vedi Milan) in entrambi i casi ottimi risultati. E Leo Beenhakker, inarrivabile zingaro nato a Rotterdam 63 anni fa, passato sulle panchine di mezzo mondo, fossero club o nazionali: dall’Olanda alla Spagna, alla Turchia, alla Svizzera, al Messico fino a quest’ultima di Trinidad e Tobago, dove ha realizzato il miracolo dei miracoli portando al mondiale il più piccolo paese del circo del pallone, forte dei suoi undici milioni di abitanti e dei suoi undici warriors, che poi si traduce guerrieri.
Per una volta la scuola olandese dà una lezione all’altro mondo del pallone e dimostra che i suoi tecnici sono ad origine controllata, sapendo dirigere grandi squadre, si tratti della nazionale olandese o del Real Madrid, ma anche insospettabili cenerentole. La geografia del calcio sulla panchina dice anche altro: per esempio, che la tradizione conta sempre qualcosa. Questo mondiale avrà tre tecnici brasiliani: Scolari col Portogallo, Zico col Giappone e Parreira con la Seleçao, oltre ad Alexander Guimares, nato in Brasile ma naturalizzato in Costarica. E così pure tre francesi (Michel-Costa D’Avorio, Lemerre-Tunisia, Domenech-Francia) e argentini (Pekermann-Argentina, La Volpe-Messico, Calderon-Arabia Saudita). Dice che gli italiani van bene solo a casa loro (Lippi e nessun altro), che la Svezia e i paesi slavi tengono botta con due tecnici a testa e, soprattutto, che l’Uruguay della desolazione potrà almeno consolarsi con la presenza di Anibal (un nome una garanzia da condottiero) Ruiz sulla panchina del Paraguay. E se la tradizione dovrà piangere una sconfitta, tanto si dovrà ai tecnici inglesi e portoghesi.

Il loro calcio ha fatto scuola e storia, ma nessuno siederà su una panchina in Germania. Tornate a scuola!

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