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E il partito si spacca ancora: per rincorrere il 2%...

«Una tempesta in un bicchier d’acqua». Così Pier Luigi Bersani aveva definito nei giorni scorsi le polemiche scatenate da Stefano Fassina a cui ha fatto seguito la richiesta di dimissioni del responsabile economico Pd. Ma si può annegare anche nell’acqua bassa, almeno a giudicare da quanto stanno annaspando nel bicchiere i democratici.
Ieri a creare un ulteriore moto ondoso anomalo all’interno del partito sono state le dichiarazioni di Fassina rilasciate a Repubblica: «Nel Pd ci sono due linee: una ha il 2 per cento, l’altra il 98 per cento - ha spiegato il responsabile economico Pd al quotidiano - Ichino rappresenta quel 2 per cento e per farlo valere, per difenderlo, ha bisogno di andare sui giornali tutti i giorni». Fassina durante l’intervista ha anche provato a indossare, solo per un attimo, le vesti del pompiere: «Non voglio alimentare le polemiche - ha spiegato - siamo un partito serio, guardiamo avanti», ma il beau geste non è bastato a placare gli animi. A Fassina una parte del partito rimprovera l’atteggiarsi ad interprete unico della linea democrat in materia di lavoro. E non glielo manda certo a dire. Secondo alcuni si sarebbe addirittura immedesimato con troppo entusiasmo negli «indignati» di Zuccotti Park, quelli il cui slogan più recente è «siamo il 99% e non paghiamo la crisi prodotta dall’1% dei ricchi».
Proprio partendo da questo spunto Paolo Gentiloni ha scritto su Twitter : «Occupy Wall Street a nome del 99%. A noi basta il 98%». E sempre su Twitter gli ha fatto eco il responsabile Riforme e università del Pd Marco Meloni, mai troppo tenero nei confronti del collega: «Fassina come sempre equilibrato su “Rep” di oggi: tendenza Ows, noi (chi la pensa come lui) 98%, voi (resto del mondo) 2%. 98? Sicuro sicuro?».
Ivan Scalfarotto vice presidente dell’Assemblea Pd, sul suo blog ha scritto un commento al vetriolo: «A noi la Bulgaria ci fa un baffo»; ma l’analisi più tagliente è quella del lettiano Francesco Boccia, deputato e coordinatore delle Commissioni economiche del Pd alla Camera, e sostenitore della linea liberal all’interno del partito. Dal sito di TrecentoSessanta, l’associazione di Enrico Letta, è arriva la sua stoccata: «L’equivoco è sotto gli occhi di tutti: Stefano Fassina dimostra di fraintendere il sostegno che gran parte del partito gli ha accordato poco meno di 48 ore fa, in risposta a un’intempestiva richiesta di dimissioni, con la condivisione tout court delle sue posizioni. Fassina dovrebbe forse rivedere i propri calcoli». E viene spontaneo chiedersi se il messaggio non sia rivolto anche a Bersani che, a voler pensar male, sembra il vero obiettivo delle bordate. A gettare acqua sul fuoco ci ha provato Dario Franceschini per il quale «in tutto il mondo i partiti discutono e hanno un’area più moderata ed una più progressista».

Ma ormai è chiaro che il nocchiere Bersani deve gestire la prima grande grana da quando è entrato nella maggioranza dell’esecutivo Monti: la tempesta in un bicchiere d’acqua si è trasformata in una tempesta perfetta e il Pd ondeggia come un sughero fra le onde.

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