E il ping pong ora vuole diventare sexy

Anche in Cina c’è un calo di spettatori: la federazione internazionale pensa di accorciare le gonne delle giocatrici

nostro inviato a Pechino

Passino ventimila giornalisti e addetti ai lavori a zonzo per casa loro, passi l’accusa di torturare - sportivamente parlando, s’intende – ai loro atleti pur di spremerli e medagliarli e glorificarli e glorificarsi. Ma c’è un limite a tutto. Pur di far entrare questi Giochi nella storia, i padroni di casa hanno accettato di buon grado molte violazioni alle loro, chiamiamole, regole. Però mai avrebbero immaginato di veder umiliare l’amatissimo sport nazionale.
Perché, ebbene sì, il ping pong trema. Bisogna fermarsi un attimo e farsene una ragione. Il Paese era pronto a molte novità ma non alla profanazione del simbolo. Ciò che fu l’emblema della diplomazia che nel ’72 avvicinò Usa e Cina, rischia di diventare un surrogato del beach volley. L’altro giorno, il vicepresidente della federazione tennis tavolo - questa la definizione nobile dell’arte del fare ping e fare pong -, monsieur Claude Bergeret, ha infatti tuonato: «Basta, bisogna fare qualcosa». Perché il movimento è in allarme. È successo che persino in casa dei cultori del tennis tavolo il pubblico abbia cominciato a marcare visita. È accaduto che gli spalti fossero parecchio vuoti, disperatamente vuoti, addirittura quando a giocare c’erano atleti con gli occhi a mandorla.
Così, ai cinesi è toccato sentir dire da un dirigente di simil importanza che il ping-pong va spogliato, non delle sue regole o tradizioni, bensì dei vestiti. In futuro, dunque, se dovesse servire, la diplomazia del ping pong sarà scosciata, con minigonne ascellari piene di svolazzi e bretelline sexy che scendono sulle spalle. La federazione internazionale ha già in mente una serie d’interventi sartoriali che monsieur Bergeret ha illustrato con dovizia.
L’alto dirigente, per motivare il calo di pubblico, ha addossato le colpe ai calzoncini unisex usati dalle atlete e le magliette castigate e fuori moda, mentre servirebbero indumenti piacevoli all’occhio. Per questo «stiamo provando a spingere le atlete ad usare delle gonne corte».

Bergeret ha citato una ragazza giapponese, Naomi – e il nome è già garanzia – Yotsumoto che in un campionato nazionale ha indossato minigonna e calze autoreggenti al ginocchio e una magliettina che lasciava nuda una spalla. «E mettiamoci pure le luci rosse per segnalare chi fa punto» è stato il commento di un’anonima che fa ping e fa pong.

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