Politica

E poi scrivono: allarme rosso sui conti pubblici

I partiti spariscono, i contributi ai loro giornali no. E sapete perché? Perché ci ha pensato Bersani. Ma sicuro, proprio lui, il sinistro all’emiliana, simpatico liberalizzatore panna&prosciutto: è bastato un piccolo comma nel suo provvedimento per garantire che Notizie Verdi possa incassare ancora il suo lauto assegno annuale (l’ultimo ammontava a 2 milioni 710mila euro) e per non far mancare a Rinascita della Sinistra, organo dei Comunisti italiani, l’abituale argent de poche (415mila euro). Si capisce: gli elettori voltano le spalle, le casse dello Stato no: bandiera rossa, la si stamperà. A spese nostre.
E dire che quello di Bersani era nato (ed è passato alla piccola storia del governo Prodi) come un provvedimento a favore dei consumatori. Figuratevi quelli contro. In effetti grazie al comma 3-ter dell’articolo 20 eccetera eccetera, come spiega qui di fianco la nostra Emanuela Fontana, continueremo a finanziare vita natural durante anche i giornali di quei partiti che sono stati cancellati dalla storia e dagli elettori: 298mila euro a Democrazia Cristiana, edito dalla «Balena Bianca srl» organo della Magna Grecia Sud Europa, 472mila euro al fondamentale Socialista Lab del Partito socialista e 3 milioni e 718mila euro a Liberazione di Rifondazione comunista. Gli italiani pare si siano espressi piuttosto chiaramente: il comunismo non lo vogliono rifondare. E anche sul Partito socialista hanno qualche perplessità. Però si possono tranquillizzare: se i partiti politici diventano reperti archeologici, i giornali ne conserveranno in eterno il ricordo. Sarà una specie di museo cartaceo alla memoria dove tutto parlerà al passato. Tranne il conto, espresso in attualissimi euro.
Per esempio: il Partito democratico. È la novità, no? La svolta, il «tutto che cambia». In effetti: tutto cambia, tranne i suoi giornali. Che restano due, e ben distinti, come i loro finanziamenti: 3 milioni e 613mila euro a Europa della Margherita e 6 milioni e 507mila euro all’Unità. L’integrazione? Sulla carta, è il caso di dirlo. E con un bel po’ di inchiostro sopra. Perché i tagli agli sprechi sono importanti. Purché cominci qualcun altro.
L’altro giorno in conferenza stampa il futuro premier Berlusconi l’ha detto a mo’ di battuta. Ma forse sarebbe il caso di chiedersi sul serio se abbia ancora senso versare ogni anno 6 milioni e 507mila euro (cioè circa 13 miliardi delle vecchie lire) nelle casse dell’Unità. Con tutto il rispetto per il lavoro dei colleghi: vi pare possibile che su 26 milioni di euro versati ai giornali di partito, 10 milioni vadano agli organi (due) del Pd e altri 6 milioni agli organi (tre) della Sinistra Arcobaleno, che ora nemmeno esiste più nel nostro Parlamento? Fra l’altro: ogni tanto anche questi giornali, come tutti, pubblicano il solito avvertimento «allarme sui conti pubblici». E onestamente fa un po’ ridere. Allarme conti pubblici? Eccome no: allarme rosso. E anche un po’ verde.
Se poi dai giornali di partito, si allarga lo sguardo agli altri, quelli finanziati dallo Stato perché editi da cooperative, si scoprono mondi meravigliosi. E viene da domandarsi perché mai noi tutti siamo costretti a contribuire alla pubblicazione di Chitarre, Motocross, Mare e Monti (che sia una pizza editoriale?), Minerva, Luna Nuova, Jam, Agrotecnico oggi (ma anche domani e dopodomani), L’araldo lomellino, L’aurora della Lomellina, Amore vince, Spazio rurale, Modus vivendi e L’eco della Basilicata. Per carità, saranno tutte testate fondamentali per il Paese. Ma quando vedo che Ottopagine (editrice L’approdo) ci costa 1 milione e 296mila euro l’anno mi verrebbe da chiedere: se facciamo Quattropagine, almeno, ci fate lo sconto?
Oggi cominciamo a pubblicare l’elenco dei giornali di partito. Domani andremo avanti. Come vedete, c’è molto da scoprire. Vi anticipo solo altri due dati, così per mettervi sul gusto: non ci crederete ma spendiamo 506mila euro l’anno per stampare Fare Vela e la bellezza di 2 milioni e 582mila euro per Cavalli e Corse.

Il messaggio, però, almeno qui è chiaro: o si sale in barca e si inverte la rotta, o dovremo darci all’ippica.

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