«Un mese fa dicevano che offrivamo 350mila euro spalmati in tre anni, oggi raccontano che ci limitiamo a 150mila cash . La notizia è che i prezzi sono decisamente crollati, segno che la maggioranza è ormai piuttosto solida... ». Ci scherza su un ministro del Pdl, nonostante Verdini non abbia affatto gradito - e smentito categoricamente- la presunta compravendita di deputati denunciata dal Pd Bucchino. Solo un modo, spiega il coordinatore del Pdl, per «nascondere un problema politico » grande come una casa. Una delle poche buone notizie con cui si consola Berlusconi durante un’altra giornata passata a Palazzo Grazioli a scartabellare codici in vista della prima udienza del processo Ruby. La stessa, peraltro, che in questi ultimi giorni ha fatto decisamente perdere le staffe a un Fini in balia di un vero e proprio esodo dal Fli. Esodo politico e umano, se sulla porta sono stati a lungo perfino Urso e Ronchi, anche loro come tanti insofferenti alle buone maniere con cui Bocchino ama confrontarsi con i suoi colleghi. E tanto Fini non ha retto la pressione dal finire per perdere ogni inibizione nel doppio affondo che apre il suo tour de force mediatico (ieri Annozero , seguiranno In 1/ 2 ora e Ballarò ). Al punto che da presidente della Camera si ritrova a picchiare duro non solo sul Cavaliere (che i due siano ai ferri corti non è una novità) ma pure sulla Lega, sul processo breve e sull’eventuale competenza del tribunale dei ministri per il processo Ruby. Inevitabile il fastidio di Berlusconi, non solo per il merito ma anche per la scelta dell’interlocutore (Santoro), nonostante a Palazzo Grazioli ci sia chi inizia a pensare che un Fini così fuori registro non faccia che rafforzare il premier. «Ha superato ogni immaginazione spiega il ministro di cui sopra- al punto di non essere credibile neanche per chi prima lo sosteneva». E in effetti pare che anche al Quirinale non abbiano gradito né toni né merito della sua uscita, perché è chiaro che se Napolitano invita ad evitare il «conflitto istituzionale permanente» non lo fa a senso unico. Non è un caso che Cicchitto ripeta proprio le parole del capo dello Stato per dire che il primo ad alimentarlo è Fini. E sottotraccia il problema esiste,anche se l’unico a mettere il dito nella piaga è Quagliariello quando dice che «ci sarà chi sanzionerà una sovrapposizione di ruoli ormai intollerabile ». È chiaro, insomma, che a questo punto è Berlusconi ad attendere una parola del Quirinale. Un Cavaliere alle prese con un’agenda che di qui a qualche giorno si infittirà di udienze e legittimi impedimenti. Con le idee ancora poco chiare su come intervenire per stoppare il processo più delicato di tutti, quello sul caso Ruby.L’unica cosa certa da giorni - ma si arriverà a ridosso del 6 aprile- è che sarà sollevato il conflitto di attribuzioni. Anche se secondo il premier Fini è pronto a tutto per stopparlo nell’ufficio di presidenza (dove al momento l’opposizione è in vantaggio 10 a 8,anche se a breve l’ingresso di un Responsabile ridurrà il vantaggio a un solo deputato). Se davvero il finiano Lamorte dovesse decidere di votare con il centrodestra con conseguente pareggio - a via del Plebiscito si dà per scontato un intervento a gamba tesa di Fini per evitare che l’aula affronti la questione.Insomma, tra le telefonate a Frattini e La Russa per tenersi aggiornato sulla crisi libica, l’unica buona notizia restano i numeri sempre più solidi della maggioranza alla Camera.
E l’ipotesi di elezioni anticipate che si allontana sempre di più. Nonostante la Brambilla sia tornata a mettere in moto la sua macchina movimentista confermando la sua vecchia idea di lanciare una rete di «punti di servizio» sul modello dei Caf.E il premier attende una parola del Colle
Rubygate, il Cavaliere è convinto che Fini interverrà per boicottare il voto sul conflitto di attribuzione
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