E Prodi usa l’alibi del centrodestra per blindare la manovra al Senato

Il premier è pronto a imporre la fiducia. Il Polo: «Solo così può evitare la crisi»

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha messo le mani avanti: anche al Senato la questione di fiducia sulla Finanziaria è molto di più che una semplice ipotesi. La maggioranza esigua e la necessità di evitare nuovi assalti alla diligenza da parte degli stessi gruppi parlamentari dell’Unione probabilmente costringeranno l’esecutivo a blindare nuovamente la manovra così come è stato già fatto a Montecitorio.
Il premier ieri ha iniziato ad adombrare la possibilità della fiducia, limitatamente al decreto legge fiscale collegato alla manovra. Esigenze istituzionali ed eventuale ostruzionismo da parte dell’opposizione le giustificazioni addotte. «Si fa di tutto per non metterla - ha detto - ma se è necessario la si mette. Bisogna evitare l’esercizio provvisorio». A detta di Prodi, dunque, è un passo obbligato per non lasciare il Paese senza una legge di bilancio. «Il nostro atteggiamento - ha aggiunto - è sempre il solito. Non si parte mai ponendo la fiducia come premessa, ma ci si avvicina se il numero degli emendamenti e i modelli della discussione ritardano troppo la decisione».
Il ministro per l’Attuazione del programma, il prodiano di ferro Giulio Santagata, è stato più esplicito. «Per come è costruita la legge di bilancio il voto di fiducia è fisiologico», ha sottolineato. E il presidente della commissione Bilancio del Senato, il diessino liberal Enrico Morando, ha già fatto presente che gli spazi di discussione non vanno trovati in aula. «Se lavoriamo in commissione come abbiamo fatto sul decreto Bersani, possiamo fare in modo che alla fine il Parlamento non risulti espropriato anche se deve essere messa la fiducia», ha precisato affermando di aver chiesto al presidente Marini di rinviare la convocazione di Palazzo Madama sulla Finanziaria.
E che la fiducia sia l’unico strumento per far rientrare nei ranghi anche l’ala trotzkista di Rifondazione lo ha confermato il deputato del Prc, Salvatore Cannavò, preannunciando il via libera del collega di Palazzo Madama, Franco Turigliatto. «Escludiamo di non votare la fiducia al Senato. Non vogliamo predeterminare la caduta del governo Prodi e non vogliamo neanche rompere con questo partito», ha affermato. L’ala centrista della maggioranza, invece, ha lanciato segnali di fumo alla Cdl. «Speriamo che al Senato l’opposizione cambi registro: la Finanziaria può essere ulteriormente migliorata e mi auguro che il centrodestra non sprechi questa occasione», ha argomentato Nuccio Cusumano dell’Udeur.
Per Forza Italia e Alleanza Nazionale si tratta della solita solfa perché gli emendamenti di minoranza al decreto sono solo un centinaio e di per sé non giustificherebbero la misura. «Prodi teme la sua stessa maggioranza e chiede la fiducia perché non si fida», ha fatto presente Renato Schifani (Fi).

«Con l’esercizio provvisorio il decreto non c’entra nulla: la fiducia servirebbe per evitare la crisi di governo: questa è la realtà. Il decreto contiene misure punitive che numerosi senatori dell’Unione non condividono».

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