E «Repubblica» vota la grande ammucchiata da Vendola a Pisanu

Eugenio Scalfari ha dettato la linea politica al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lo ha fatto come al solito, strattonandogli la giacca e minacciando i peggiori disastri se non si accoderà al predicatore domenicale. Se il governo Berlusconi non avesse più la maggioranza per andare avanti Napolitano dovrebbe creare un governo d’emergenza, con caratteristiche istituzionali, cioè un’ammucchiata non votata dagli italiani ma che trovi il consenso di Scalfari e compagni vari. L’importante è non andare alle elezioni. Per carità. Dopo aver ridotto la giacca di Napolitano a uno straccio ce n’è anche per Di Pietro e per Vendola: che non s’azzardino a chiedere le elezioni anticipate. E non basta, c’è anche un elogio per Bersani e Casini che si sono detti d’accordo da tempo. Bersani più recentemente. Casini - invece - le larghe intese le vuole da quando era ragazzo.
Naturalmente questo governo - Scalfari non lo dice per i residui di pudore rimasti nel suo Io - dovrebbe fare una legge elettorale costruita apposta per distruggere Berlusconi e il Pdl con qualche colpo letale, se possibile, anche alla Lega. Scalfari accusa il premier di essere incompatibile con lo Stato di diritto. L’asino dice al cavallo che ha le orecchie lunghe. Bella idea di Stato di diritto quella che vuole fare una legge elettorale mandando a casa il governo votato regolarmente e legittimamente dai cittadini per sostituirlo con un governo nominato. Non c’è da meravigliarsi: nell’idea alta che Scalfari ha dello Stato di diritto il popolo non figura. È troppo alta perché possa comprendere questa scheggia impazzita rappresentata dalla maggioranza degli aventi diritto al voto.
La realtà è tutt’altra. C’è un governo votato in modo molto chiaro dagli elettori. Questo governo è sostenuto da una maggioranza. Se un pezzo di questa maggioranza cambia idea e decide di non sostenerlo più perché mai gli elettori che hanno scelto un governo dovrebbero digerirne un altro? Perché glielo dice Scalfari.
Detto questo, che è il vero nòcciolo del discorso, anche se non detto, Scalfari intima a Napolitano che «sarà suo diritto-dovere esplorare tutte le soluzioni che evitino un’imprudenza di massimo rischio». L’imprudenza quale sarebbe? Il disastro economico-finanziario dell’Italia che si accompagnerebbe allo scioglimento delle Camere e al conseguente ritorno alle urne. Addirittura uno tsunami. Perché un governo istituzionale cosa potrebbe fare meglio di quello che ha fatto il governo Berlusconi in materia di finanza pubblica e credibilità internazionale? I miracoli? L’azzeramento del debito per via taumaturgica? Non bastano i riconoscimenti di tutte le più importanti istituzioni economiche e finanziarie internazionali all’operato del ministro Tremonti? Si tratta forse di istituzioni al soldo di Berlusconi? Lo sa Scalfari che le aste dei titoli pubblici, grazie alle politiche di bilancio di questo governo, hanno sin qui prodotto ottimi risultati?
C’è poi un particolare comico nello scritto dell’Eugenio nazionale. Viene evocata la figura di Beppe Pisanu. Politico di lungo corso, già ministro dell’Interno del terzo governo Berlusconi. Del medesimo Repubblica si è esercitata lungamente a dirne peste e corna. Ma ora viene bene anche lui. Dentro. Chissà cosa proverà l’ottimo Pisanu a sentirsi chiamato in causa da Scalfari.
Scalfari è un cognome strano.

In politica non va bene né al plurale né al singolare, Scalfaro. In tutti e due i casi trattasi di soggetti, giornalista il plurale e politico il singolare, che non hanno mai digerito né Berlusconi né gli italiani, la maggioranza, che lo vogliono. Siamo sempre alle solite.

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