E Ruini «scomunica» il Professore

Oggi il cardinale dà la linea ai vescovi: no ai Pacs, possibili solo regole amministrative. E Benedetto XVI chiede leggi per la famiglia

Andrea Tornielli

da Roma

Un «no» deciso al riconoscimento delle unioni omosessuali, al modello spagnolo di equiparazione ma anche a patti di convivenza che gli assomiglino. Un appello vigoroso affinché sia promossa, aiutata e sostenuta la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, così come sta scritto nella Costituzione italiana. Ma anche un qualche spiraglio di apertura verso forme giuridiche che, senza intaccare in alcun modo il principio del valore sociale e civile della famiglia fondata sul matrimonio, possano prevedere soluzioni di carattere amministrativo per altre forme di convivenza.
Questa, in estrema sintesi, la posizione della Cei sulla polemica scaturita dalla lettera con la quale Romano Prodi assicurava al presidente onorario dell’Arcigay Franco Grillini di condividere la proposta di legge sui Pacs, i patti di civile convivenza per le coppie di fatto. C’è attesa di conoscere le parole con le quali il cardinale Camillo Ruini, aprendo questo pomeriggio i lavori del Consiglio permanente della Cei, interverrà sull’argomento. La linea, da quanto apprende Il Giornale, dovrebbe essere quella di un «no» ai Pacs e a qualsiasi altra forma di riconoscimento legale da parte dello Stato di convivenze che non siano fondate sul matrimonio, ma con uno spiraglio di apertura verso altre soluzioni, che non vedano coinvolte le istituzioni nell’atto di sancire unioni diverse dal matrimonio, come ad esempio formule amministrative.
Le parole di Prodi erano state accolte come una doccia fredda dai vertici dell’episcopato. Pur essendo nota la posizione del Professore, che ieri ha smentito di avere parlato di nozze gay, ha colpito il fatto che la questione sia stata sollevata proprio in relazione alle coppie omosessuali, che rappresentano una percentuale minima delle convivenze di fatto. Anche se sono le uniche che non hanno alternative, come invece le coppie eterosessuali, che scelgono nella stragrande maggioranza dei casi deliberatamente di non sposarsi per non assumere i doveri del matrimonio.
I vescovi non sono contrari allo studio di tutele maggiori, ad esempio, dei diritti della prole delle famiglie di fatto, anche se chiedono che non vi siano legalizzazioni che offrano ai conviventi dei diritti senza conseguenti doveri. Il nodo centrale resta quello dell’impossibilità, secondo la Chiesa, di qualsiasi equiparazione tra matrimonio e unioni di fatto e di qualsiasi legalizzazione riconosciuta dallo Stato per le coppie omosessuali. Quanto è avvenuto in Spagna con Zapatero ha un peso fortissimo nel dibattito: dopo il riconoscimento dei matrimoni gay, i vescovi temono che ogni tipo di «patto», pur con nomi diversi ma dalla sostanza simile, porti verso quella soluzione o rappresenti comunque un primo passo per arrivare a quel traguardo. Senza contare che laddove sono stati istituiti, molto spesso i registri delle convivenze sono rimasti desolatamente vuoti, come hanno dimostrato i dati pubblicati dal quotidiano cattolico Avvenire.
La Chiesa italiana, forte anche del risultato referendario sulla fecondazione assistita, intende dunque ribadire i principi sanciti dalla Costituzione. Ma non vuole dare l’impressione di interferire nel dibattito politico in vista delle elezioni 2006 o risultare soltanto come la «Chiesa dei no». Così come non intende discriminare nessuno. Ecco perché è probabile che nella prolusione del cardinale Ruini sia contenuto qualche accenno di apertura verso soluzioni amministrative che non possano creare in alcun modo l’equivoco di equiparazioni, ma rispondano comunque ad alcune esigenze manifestate da chi richiede i Pacs.


E proprio ieri, attraverso il cardinale Sodano, Benedetto XVI ha inviato un messaggio al raduno mariano della famiglia a Torreciudad, in Spagna, invitando i laici a «impegnarsi nell’ardua opera di promuovere e rafforzare leggi e metodi che favoriscano positivamente diritti e doveri della famiglia».

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