Dalle sue parti, nel Tigullio, ogni volta è una sorpresa. Si avvicinano le elezioni e lui, Fabio Broglia dellUdc, dà il via alle danze. Liste civiche, sostegni a candidati inaspettati, colpi di scena. Nessuno conosce il suo segreto, tutti prima o poi digrignano fra i denti che «la pagherà». E invece no. Perché Broglia, alla fine, è uno che basta a se stesso. La gente continua a votarlo, e infatti se ne sta seduto in consiglio regionale a fare il capogruppo di se stesso. E alle critiche sfodera il sorriso.
Con lo stesso candore con cui ammette che i suoi interventi sono scritti in carattere 28 e interlinea 2 «perché così li leggo senza occhiali, che in televisione vengono male», agli incarogniti avversari risponde con unaplomb che innervosisce, e pare un po il Marco Follini dei vecchi tempi. In Regione è da un po che si fa dare del «collaborazionista» da Gianni Plinio di An e del «furbetto» da Luigi Morgillo di Forza Italia. Nel novembre scorso, per dire: il centrosinistra decise di aumentare le tasse, il centrodestra fece ostruzionismo notte e dì con interventi da seccar la gola e lui invece no, in aula parlò solo 13 minuti e per dire che «le cose dobbiamo affrontarle insieme». E di nuovo ieri, sulla questione sanità. Lopposizione a dar battaglia e lui a proporre, e farsi votare dal centrosinistra, un «tavolo» per la discussione degli atti che dovranno essere adottati dalla giunta. Cè chi dice che «Broglia vuol passare dallaltra parte ma la maggioranza non lo vuole», chi sospetta che sia tutta una manovra di G.B. Pittaluga lassessore al Bilancio, che gli avrebbe «dettato» lordine del giorno per «commissariare la sanità di Claudio Montaldo». Replica Broglia che «la verità è che io non appalto a nessuno le decisioni importanti, in proporzione ai voti che rappresento. Dispiace che i miei alleati non capiscano che non si può sempre dire no a tutto».
A una piccola retromarcia ieri lo ha costretto Morgillo, su un documento della maggioranza che, dice il capogruppo azzurro: «Impegnava la giunta a prendere provvedimenti in sanità anche condivisibili, ma continuava a scaricare le colpe di questa situazione solo sul governo Berlusconi e sulla giunta Biasotti, senza la minima assunzione di responsabilità».
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