da Roma
«Caro ministro, ti chiediamo di aprire con urgenza un tavolo di lavoro e di confronto sul decreto in materia di liberalizzazioni». Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nella sua prima assemblea da leader dei commercianti italiani si è rivolto direttamente al ministro dello Sviluppo economico Bersani, presente in sala. Con un invito a modificare il decreto «a vantaggio di tutti» perché «la concertazione non può essere un metodo a intermittenza o a corrente alternata».
Sangalli, pur lasciando la porta aperta al dialogo, ha inoltre lanciato un chiaro avvertimento al governo a non aumentare la pressione fiscale e a rilanciare la produttività del terziario senza considerare i servizi «ancillari» alla grande industria.
In primo luogo, è stata sottolineata la necessità di «riqualificare e ridurre la spesa pubblica» che rappresenta un po meno della metà del pil. Soprattutto perché la spesa sociale pone problemi di «equità intergenerazionale», mentre le retribuzioni nel settore pubblico «continuano a crescere senza che a questo corrisponda un significativo incremento della produttività». Insomma, per Sangalli bisogna chiarire una volta per tutte che non cè bisogno di «lacrime e sangue», ma che bastano pochi accorgimenti come la disponibilità a vendere parte del patrimonio dello Stato per ridurre lo stock del debito pubblico.
Se Confcommercio ha fatto un assist al governo sul tema della lotta allevasione e allelusione fiscale che vale circa 200 miliardi, dallaltro ha ripetuto il richiamo alla riduzione della pressione fiscale complessiva considerato che il carico fiscale medio sulle imprese è pari al 37% ben sopra la media europea del 25 per cento. Tra i «no» di Sangalli anche a quello della riduzione selettiva del cuneo fiscale laddove per selezione si intendesse lesclusione del sistema dei servizi, «vitale per la crescita della produttività delleconomia». A questo si aggiunge il netto rifiuto di un aumento dei contributi per i lavoratori autonomi allo scopo di finanziare la riduzione degli oneri fiscali che «con lattivo patrimoniale della loro gestione Inps finanziano il disavanzo di altre gestioni». Sangalli ha poi espresso contrarietà allipotesi di aumento delle aliquote Iva e ha sottolineato come il riordino del sistema degli incentivi alle imprese consentirebbe di reperire risorse non solo per il taglio del cuneo ma anche per la fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno il quale deve dimostrare di saper spendere le risorse in modo responsabile.
Ma il presidente di Confcommercio ha anche difeso alcune scelte del governo Berlusconi. «Quanto di buono è stato fin qui realizzato va completato, migliorato e non azzerato». A partire dal codice ambientale messo in soffitta da Pecoraro Scanio, passando per le infrastrutture e terminando con la legge Biagi, perfezionabile in tema di ammortizzatori sociali. «Ci servono politiche per declinare in maniera attiva il valore del pluralismo imprenditoriale e degli animal spirits dellimpresa diffusa italiana», ha concluso Sangalli rilevando la possibilità di far diminuire gli ambiti della sfera pubblica.
Il ministro Bersani ha colto subito linvito di Confcommercio e, oltre alla disponibilità allapertura di un numero imprecisato di tavoli di concertazione (anche uno sulla valorizzazione del patrimonio pubblico), ha subito chiarito che in tema di liberalizzazioni «il commercio ha già dato e bisogna che in altri settori venga dato». Agli applausi si è mescolata qualche contestazione da parte della platea sugli elevati costi della politica. E anche in materia di spesa pubblica si è mantenuto sul vago limitandosi a ricordare che gli interessi sul debito sottraggono risorse da dedicare allo sviluppo.
E forse non è un caso se le adesioni più entusiaste allappello di Confcommercio sono giunte da due esponenti di centrodestra, Roberto Maroni («Relazione tre volte ottima» e Maurizio Sacconi.
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