E se non fosse stato il Duce a farci perdere la guerra?

Alla fine della seconda guerra mondiale negli ambienti neo-fascisti si accreditò la convinzione che la sconfitta italiana non era dovuta a Mussolini ma ai suoi generali, accusati di avergli nascosto la nostra impreparazione militare. Che questa “leggenda” contenga un nocciolo di verità lo dimostra il volume di John Gooch: Mussolini e i suoi generali. Forze armate e politica estera fascista 1922-40 (LeG, pagg. 762, euro 30). Secondo Gooch l’esigenza del Duce di controllare gli Alti Comandi lo spinse a nominare una serie di adulatori del tutto privi d’iniziativa e delle necessarie competenze strategiche. Questi generali si comportarono molto diversamente dai loro pari grado tedeschi che, alla vigilia dell’invasione della Polonia, avevano ammonito il Führer sui rischi di uno scontro che «sarà una guerra da combattere soprattutto sul piano economico e che non potrà non condurre la Germania a un disastro senza precedenti».
Nell’ottobre 1939, il Capo di Stato Maggiore Alberto Pariani, annunciava trionfalmente che il piano di potenziamento delle Forze Armate, stabilito nel 1938, era stato ormai quasi portato a termine e che l’Italia avrebbe potuto contare nel maggio 1940 su un totale di 88 divisioni. Il 1° novembre, Badoglio smentiva categoricamente queste previsioni, sostenendo che solo 10 divisioni erano operative e che il dispendio di materiali, utilizzati in Etiopia e Spagna, aveva provocato una forte penuria di artiglieria, munizioni, mezzi, carburante. Nonostante una corsa contro il tempo per raddrizzare la situazione, questa non migliorò e sempre Badoglio dovette constatare, nel giugno 1940, che «dopo aver tanto parlato di guerra offensiva a rapido corso, l’Italia era obbligata ad attestarsi sulla difensiva, sperando di non essere attaccata».
Mi pare tuttavia che la tesi esposta da Gooch non sia del tutto convincente. Mussolini, che dal 1933 aveva assunto l’interim dell’Esercito, della Marina e dell’Aereonautica, non poteva essere all’oscuro della nostra debolezza militare che fu, invece, il frutto di una sua decisione poiché le somme destinate al riarmo non oltrepassavano, al momento del nostro ingresso nel conflitto, i 70 milioni di lire: cifra nettamene inferiore a quella impegnata dalle altre Grandi Potenze. Perché, dunque, Mussolini si gettò in un’avventura destinata a sicuro disastro? Avanzo alcune ipotesi.

Il timore che un nostro sfilarsi dall’alleanza con Berlino avrebbe provocato una ritorsione militare di Hitler; la speranza di poter condurre una «guerra simulata» contro gli Alleati che avrebbe portato in breve a una pace di compromesso; e poi la certezza che, grazie alla sua poderosa macchina bellica, la Germania avrebbe avuto facilmente ragione dei suoi avversari.

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