E se in quel 1683 i turchi avessero preso Vienna? Nulla sarebbe cambiato

Anno del Signore 1683, 12 settembre, 4 del mattino. I destini della Cristianità e dell’Islam sono appesi a quelli di due eserciti. O forse no. Di certo attorno alla città di Vienna che vive sotto assedio da mesi sta per scatenarsi una tremenda battaglia. Il re dei polacchi Jan Sobieski assiste alla messa officiata da frate Marco d’Aviano. Per l’occasione impartisce la benedizione anche ai protestanti, quelli che normalmente potrebbero essere nemici peggiori dei turchi. Tutti sperano che la Domenica porti bene ai seguaci della croce.
Invece l’esercito del sultano comandato dal Gran Visir Merzifonlu Kara Mustafa Pasha era insensatamente sparpagliato attorno alle mura della città, nel disperato tentativo di vincere la partita con un ultimo assalto, grande la rabbia dei comandanti più avveduti, grande la stanchezza per il lungo assedio alla capitale degli Asburgo.
L’esito di quella che è passata alla storia come la battaglia di Vienna è noto: il Turco in rotta, la cristianità (soprattutto gli Asburgo) che grida al miracolo, la creazione di un mito duraturo, paragonabile forse solo a quello della battaglia di Lepanto (1571). Da lì iniziò un percorso inarrestabile che portò il Sultanato a diventare sempre più una potenza di secondo rango, quello che nell’Ottocento veniva chiamato «il grande malato d’Oriente». Questo è il punto di partenza del saggio appena pubblicato da Franco Cardini e intitolato Il Turco a Vienna. Storia del grande assedio del 1683 (Laterza, pagg. 778, euro 28). L’idea è valutare quanto davvero quegli eventi abbiano pesato sulla storia successiva, quanto davvero quello combattuto a Vienna sia stato lo snodo fondamentale di uno «scontro di civiltà».
Come ci spiega Cardini, Directeur d’Études dell’EHESS di Parigi e docente di storia medievale, «l’idea del libro è venuta qualche anno fa a Giuseppe Laterza nel pieno della crisi provocata dal crollo delle Torri Gemelle. Voleva due “istant book”, uno su Lepanto e l’altro proprio su Vienna. Il primo fu affidato ad Alessandro Barbero (Lepanto. La battaglia dei tre imperi, 2010, ndr), il secondo a me... Alla fine siamo andati lunghi tutti e due di qualche anno e abbiamo sfornato dei libri molto più massicci del previsto... Diciamo che l’argomento ci ha preso la mano».
L’analisi di Cardini sul senso e sugli esiti del Grande assedio del 1683 è molto diversa da quella che ci si potrebbe aspettare: lo scontro di civiltà finisce rapidamente nel cassetto. «Nel Mediterraneo è sempre esistita una civiltà sola. Islam e Cristianesimo sono speculari, ma strettamente imparentati. Condividono un terreno culturale con delle radici comuni. In fondo, per giungere allo scontro bisogna avere cose in comune... dividere gli stessi spazi».
E, quanto alle grandi battaglie: «Per Vienna non ho grossi dubbi. Anche se la città fosse caduta non credo sarebbe cambiato poi molto... Era una grande partita di giro in cui vittorie e sconfitte si alternavano spesso. Molti degli eventi che ruotarono attorno all’assedio furono casuali e non legati a un vero vantaggio di una delle due parti. Certo, l’Occidente stava iniziando uno sviluppo tecnologico che gli avrebbe dato uno slancio decisivo... ma questo con Vienna c’entra poco». Insomma, prendere Vienna nel 1683 sarebbe stato per i turchi più o meno come per i cristiani occupare Gerusalemme durante la prima crociata, nel 1099: «Conquiste simboliche, magari importanti, ma sul lungo periodo insostenibili».
Tuttavia resta l’importante valore simbolico, il mito costruito sugli eventi. E anch’esso ha il proprio valore, sia per la Mezzaluna sia per l’Occidente. Ma a ben guardare anche queste due categorie non sono poi così definibili. Spiega di nuovo Cardini: «I turchi non rappresentavano tutto l’Islam e ogni volta che erano in guerra con l’Occidente l’Impero Persiano ne approfittava. E quando i turchi attaccavano via mare la Spagna o Venezia, gli Asburgo d’Austria tiravano un gran sospiro di sollievo... Viceversa, quando i turchi attaccavano via terra gli Asburgo d’Austria, Venezia e la Spagna non erano così dispiaciute... E i francesi? Sempre pronti ad allearsi con la Sublime Porta...».

Senza contare che poi esisteva tutta una zona grigia composta da schiavi e convertiti che si muovevano continuamente tra questi due “mondi”. Tutto un po’ troppo frammentario e complesso per etichettarlo come scontro di civiltà, insomma. Vienna dunque resta un momento epocale ma comunque solo un momento.

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