E Silvio sbotta: «Macché compravendita, finitela»

Roma In politica c’è compravendita e compravendita. Ci sono quelle lodevoli e politicamente corrette, perché chi lascia lo fa per prendere casa nella parte giusta. E poi quelle cattive, che seguono la direzione da sinistra (o dal centro) verso destra. Nel giorno della fiducia non poteva mancare la polemica sui cambi di casacca. Peccato che il dibattito abbia preso direzioni inaspettate. E che sul banco degli imputati, in quanto compratori, siano finiti anche quelli che in questi giorni avevano accusato il governo di volere acquistare deputati in vista del voto.
Lo stesso premier Silvio Berlusconi ieri ha perso le staffe una sola volta, durante la replica ai deputati, quando ha denunciato: «È veramente paradossale che quando qualcuno dei parlamentari, e sono tanti, eletti nelle file del Popolo della libertà passa in altri partiti questo sia eticamente valido e anche esteticamente plaudibile; e invece, quando qualche altro parlamentare, anche con la coscienza di vedere la situazione del Paese, decide di votare per il governo, questo si voglia vedere come calciomercato, come compravendita di parlamentari. È veramente una cosa inaccettabile e paradossale».
Il riferimento è ai cinque deputati dei Popolari per l’italia di domani, scissione dell’Udc che è stata presentata dal partito di Pier Ferdinando Casini e dal centrosinistra come un acquisto all’ingrosso di voti, se non come «corruzione», nonostante Saverio Romano e gli altri Pid abbiano assicurato che sì, avrebbero potuto votare la fiducia al governo se Berlusconi fosse stato convincente (e così è stato), ma «mai e poi mai» avrebbero accettato posti di governo o sottogoverno.
La pazienza l’hanno quindi persa loro e la reazione è stata quella di svelare un particolare che riguarda gli ultimi concitati mesi dell’area centrista. «Casini mi ha offerto di fare il ministro in un governo Pd-Udc in cambio di un sostegno dell’Udc Sicilia», ha raccontato Saverio Romano. Il sostegno riguardava «la linea politica di Casini che prevede una deriva a sinistra e un accordo con D’Alema e Bersani». Quello che i Pid hanno rinominato Patto dell’orata che ha portato alla nascita del nuovo governo siciliano di Raffaele Lombardo e, in prospettiva - sostengono i Popolari - ad un’alleanza nazionale tra lo scudo crociato e il Pd. «Credo che questa proposta di Casini - ha aggiunto Romano - possa configurarsi come un caso di scuola di tentata compravendita politica». Pronta la replica dell’Udc, affidata all’ufficio stampa. «La disperazione di chi si appresta a votare la fiducia a Berlusconi con un clamoroso voltafaccia di cui risponderà ai propri elettori è comprensibile, ma non giustifica in alcun modo la falsificazione della realtà e la menzogna. Romano non ha mai ricevuto alcuna promessa di posti di governo da Casini e, peraltro, nessuna persona ragionevole e di buonsenso avrebbe potuto immaginare di proporlo come ministro in un esecutivo, di destra o di sinistra che fosse». La circostanza è però confermata da Giuseppe Drago, altro siciliano ex Udc, che ne parlò a suo tempo con Casini. D’altro canto, facevano notare esponenti Pid, Romano è già stato sottosegretario al Lavoro nel terzo governo Berlusconi. Ma in questa legislatura, ha confermato il premier, non avranno alcun incarico.
D’altro canto la scissione Udc non è l’unico movimento di giornata dell’area centrista. C’è stato tempo per un passaggio di gruppo che non ha direttamente a che vedere con il voto su Berlusconi. Il senatore Achille Serra, ha lasciato il gruppo del Pd per passare al gruppo dell’Udc. L’ex questore di Roma, eletto deputato la prima volta nel 1996 con Forza Italia, è entrato al Senato nell’aprile 2008 con il Pd, indicato da Walter Veltroni, ma la sua simpatia per il partito di Casini è emersa all’ultimo congresso Udc.
Più sottotraccia altri movimenti che riguardano gruppi minori. I Liberaldemocratici, nel totovoto della vigilia, venivano indicati tra quelli che avrebbero sicuramente votato la fiducia al governo.

Melchiorre, Tanoni e Grassano hanno invece annunciato e votato il loro no all’esecutivo Berlusconi. E in molto adesso li vedono nell’orbita di Casini, più che in quella Berlusconi. Potrebbero fare, tanto per intenderci, un cambio di casacca di quelli politicamente corretti.

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