Nicolaus Sombart, che si è spento il 4 luglio scorso a 85 anni, è stato uno degli ultimi intellettuali a cavallo fra tre regimi del Novecento. Era nato nellera di Weimar in una famiglia dellintellighenzia guglielmina, figlio di quel Werner Sombart, fondatore con Max Weber della sociologia moderna, che da consigliere aulico del deposto imperatore era diventato un Vernunftrepublikaner, convertito cioè senza entusiasmo allideologia democratica. Il figlio visse tutta la parabola di un involontario «ragazzo di Hitler», fino alla guerra sul fronte orientale e alla prigionia. Dopo il mal di Germania lo portò lontano dalla patria divisa e fu per trentanni alto funzionario del Consiglio dEuropa a Strasburgo. Finché lo stesso mal di Germania non lo riportò nella capitale tedesca che non lasciò più, pubblicandovi tardi i suoi libri migliori come lautobiografica Giovinezza a Berlino (1984). Dandy, esteta e letterato in lui si compendiano molte delle contraddizioni del nostro tempo.
Ma il vero deus ex machina della sua vita, fu il padre spirituale, psicologicamente opposto al padre biologico. Carl Schmitt era infatti ospite fisso della madre di Nicolaus. Schmitt fu il domestico genio della bottiglia che rivelò alladolescente quel che non poteva dargli lalgido distacco di un padre ormai anziano. Werner stimava, ricambiato, Mussolini ma detestava i nazisti. Carl, invece, in quella modernità sulfurea ci sguazzava, deciso a cogliere loccasione che lavrebbe innalzato dalloscuro destino di docente a quello di edificatore della nuova politica. Le lunghe «passeggiate nel bosco» consentirono a Nicolaus di entrare nellintimità di un intellettuale che nel mondo nuovo voleva contare eccome. Il Terzo Reich era il terreno di coltura di quella contaminazione tra amico e nemico che rappresenta la parte più originale e ambigua del suo messaggio. Al padre spirituale Nicolaus dedicherà, dopo mezzo secolo di riflessioni, un libro straordinario e liberatorio, Le maschie virtù dei tedeschi. Intorno alla sindrome di Carl Schmitt (1991), in cui lopera e la vita dellingombrante modello sono amorosamente ma spietatamente sezionate sullo sfondo del peccato originario della Kultur tedesca: lossessione maschile, il mito della virilità inteso come impossibilità di socializzare e di godere. Alla base di questa devianza Sombart individua un fenomeno che risale alle origini dellunità nazionale, nel 1871: il predominio di forme sociali esclusivamente maschili, feudali, militari, accademiche: il Männerbund.
Non era necessariamente una consorteria omofila, ma al centro campeggiava sempre e solo lui: il Germano maschio e parsifaliano, messo di Cristo, chiamato a redimere il mondo dal peccato.
E Schmitt? Fu complice, ostaggio, vittima per eccellenza del Männerbund. Il più giovane degli ex guglielmini, di gran lunga il più ambizioso e intellettualmente proteiforme, silluse di poter riuscire là dove avevano fallito Werner Sombart e Max Weber: rifondare lunità tra pensiero e azione, allombra del suo coetaneo Adolf Hitler, per il quale le donne servivano solo a riprodurre tanti piccoli Germani. E lantisemitismo, assente negli altri due, scaturì in lui dalla percezione del carattere superiore dellebraismo, alleato alla potenza inglese.
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