Politica

E sul caso Rcs finisce a insulti

Vincenzo Pricolo

da Milano

Il centrosinistra si interroga e si divide sul destino del Corriere della Sera e Massimo D’Alema insulta gli alleati. Sarà che l’oggetto del contendere è di grande rilievo, sarà che fra i protagonisti della polemica c’è il leader più apprezzato e più detestato dell’opposizione, fatto si è che forse per l’Unione è arrivato il momento di un salto di qualità nella dialettica interna.
Nella coalizione le occasioni di contrasto politico sono praticamente infinite, dalla patrimoniale alla presenza militare in Irak, dalla fecondazione assistita alla riforma del mercato del lavoro passando per l’immigrazione e la cosiddetta Costituzione europea. Dietro gli scontri fra i leader ci sono incompatibilità caratteriali e ostilità profonde ma il più delle volte dagli attacchi diretti e dalle polemiche oblique sono escluse le offese personali e le insinuazioni sulla correttezza e la onorabilità dell’avversario. L’ultimo motivo di scontro, il futuro del Corriere della Sera, fa eccezione. Si insulta senza ritegno.
Fra i primi a inquadrare D’Alema nel mirino era stato il responsabile per l’editoria della Margherita, Enzo Carra, che giovedì scorso commentando l’intervento del capo dello Stato sul pluralismo nell’informazione aveva osservato che l’intervento presidenziale «era tutt’altro che formale» sottolineando che «Rcs è al centro di inquietanti movimenti finanziari».
Alla fine della settimana scorsa arrivava in edicola Diario, il settimanale diretto da Enrico Deaglio, che pubblicava una approfondita inchiesta su Stefano Ricucci, l’immobiliarista romano che sta scalando la Rcs, la società proprietaria del Corriere della Sera. E negli stessi giorni anche il settimanale L’Espresso e il quotidiano della Confindustria, il Sole 24 Ore, si dedicavano con impegno a Ricucci. Secondo Diario D’Alema apprezza l’immobiliarista della Capitale perché quest’ultimo conterebbe fra i suoi alleati la Deutsche Bank Italia guidata da Vincenzo De Bustis e la Unipol, la cassaforte delle cooperative dove opera come «finanziere creativo» Giovanni Consorte. E questi ultimi personaggi sono entrambi vecchie conoscenze del presidente dei Ds.
Rutelli coglieva la palla al balzo e in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 10 giugno attaccava pesantemente D’Alema. Per l’ex sindaco di Roma bisogna fare una «distinzione» fra «gli immobiliaristi che si intrufolano nelle grandi imprese per poi scomparire al momento di ricavare il massimo valore» e figure come «Francesco Gaetano Caltagirone, che non è certamente un raider, e anzi è un grande imprenditore». E parlando dei movimenti che si svolgono intorno alle banche italiane, che vedono protagonisti anche finanzieri alleati di Ricucci, Rutelli affondava il colpo. Il paragone fra le operazioni in corso e il caso Telecom del 1998, quando D’Alema era premier e definì «capitani coraggiosi» Roberto Colaninno e i suoi alleati, è «forzato», concede Rutelli. «Ma credo - aggiungeva il presidente della Margherita - che si debba ricavare qualche bilancio delle esperienze meno riuscite degli anni del governo del centrosinistra, che hanno favorito in alcuni casi rendite che hanno dato ben pochi frutti industriali. Purtroppo, abbiamo conosciuto troppe operazioni che hanno prodotto quattrini ma non ricchezza per il Paese».
Lo stesso giorno D’Alema replicava alle inchieste giornalistiche su Ricucci con un’intervista pubblicata dall’Unità, quotidiano del quale un tempo ormai lontano Diario era il supplemento settimanale, nella quale lamentava di essere «additato come il regista di certe scalate finanziarie». «È tutto grottesco e fantasioso - spiegava -. Eppure si fa. Con veleni e utilizzando un certo giornalismo spazzatura. Non conosco nessuno di quei personaggi che si citano».
Ieri il nuovo intervento di D’Alema, che in un colloquio con un giornalista della Stampa afferma senza mezzi termini che «per attaccare me e i Ds ricorrono alle calunnie». «Ricucci io nemmeno lo conosco - aggiunge-. E chi dice che assieme stiamo nientemeno che scalando Rcs o è un cretino o un mascalzone. E infatti a parlare sono sia i cretini sia i mascalzoni».
I diretti interessati si rendono conto che forse hanno passato il segno e per molte ore l’unica reazione è quella del deputato della Margherita Rino Piscitello che replica ironico: «Ma se D’Alema è convinto che esistano anche i mascalzoni perché tratta tutti da cretini?».
Solo in serata Rutelli torna a dire la sua sul tema. Ma non volendo iscriversi a nessuna delle due catagorie dalemiane fa il finto tonto. «Sono molto preoccupato da quanto sta avvenendo al Corriere della Sera - dice -.

C’è una scalata abbastanza misteriosa di cui non è chiara la strategia industriale».

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