E sul Fisco il Governatore non cambia idea

da Roma

Non è inedito l’asse Montezemolo-Draghi. Ieri è uscito alla luce del sole sulle pensioni. Ma più in generale i punti in comune fra il presidente di Confindustria ed il governatore della Banca d’Italia si ritrovano su tutta la politica economica. Entrambi, infatti, pur apprezzando gli obbiettivi di finanza pubblica indicati dalla Finanziaria, sono piuttosto scettici - perfino critici - sugli strumenti utilizzati.
In primo luogo sulle tasse. Sabato al Forex Draghi dice: «Il livello di imposizione tributaria in Italia è elevato. Penalizza le imprese e le famiglie che compiono il proprio dovere fiscale. In prospettiva va moderato». Parole non troppo diverse da quelle pronunciate - dallo stesso governatore - il 12 ottobre scorso, in un’audizione parlamentare nell’ambito della discussione sulla legge finanziaria. «L’Italia ha aliquote legali fra le più alte» dell’area euro.
Nell’audizione osserva come tutta la manovra sia sbilanciata sul lato del fisco. «La correzione in termini netti - dice Draghi in Parlamento - è affidata interamente ad aumenti delle entrate». Una scelta che produce «aspetti problematici, in un’ottica di medio lungo termine». Ed a metà ottobre spiega perché le troppe tasse producono danni all’economia. «Un incremento della pressione fiscale aumenta le distorsioni scoraggiando il lavoro, gli investimenti privati, l’accumulazione di capitale; se gli operatori economici non reputano tale aumento sostenibile, non vi è un effetto positivo sulle aspettative, in quanto non si attenua l’incertezza sulle prospettive dei conti pubblici». E con la Finanziaria viene innescato un aumento della pressione fiscale di oltre mezzo punto percentuale.
Al contrario - ricorda il governatore - «le correzioni di bilancio operate attraverso il controllo delle dinamiche delle spese hanno effetti più duraturi». Come a dire al governo: avete sbagliato manovra, l’avete fatta sulle entrate quando andava fatta sulle spese. Per questo ricorda sia al Forex sia a metà ottobre in Parlamento: «È essenziale realizzare con rapidità le riforme necessarie nei principali comparti di spesa: un loro rinvio può rendere più oneroso l’aggiustamento».
Leggere ora quelle parole sembra un chiaro invito al governo a non perdere tempo sulla riforma delle pensioni. Per la cui riforma «occorre uno sforzo di consapevolezza collettiva». E la strada da seguire è quella dell’allungamento dell’età pensionabile.

«In Italia il tasso di occupazione nella fascia d’età fra 55 e 64 anni supera di poco il 31%: oltre dieci punti in meno rispetto alla media europea; quasi venti punti al di sotto dell’obbiettivo condiviso dall’Italia e stabilito nel Duemila dal Consiglio europeo di Lisbona per il 2010». All’epoca Prodi era presidente della commissione Ue.

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