E sul partito democratico D’Alema litiga con Fassino

Il senatore Gavino Angius chiede la convocazione del congresso. Il vicepremier per Bersani segretario

Laura Cesaretti

da Roma

Nei ds è di nuovo guerra tra Fassino e D’Alema. Gli uomini del vicepremier si son sentiti ripetere in questi giorni che è necessario un «ricambio» ai vertici del partito. E i fassiniani si dicono convinti che D’Alema stia giocando di sponda con il Correntone, e persino con Rutelli, per frenare il progetto di Partito democratico e i passi che il segretario ds (in accordo con Prodi) sta muovendo in questo senso. E che miri a riconquistare il controllo del partito, nel quale Fassino ha condotto una capillare sostituzione di quadri dalemiani con uomini suoi, e far ripartire «l’operazione Bersani segretario».
Ieri dalle file dalemiane è arrivato un colpo di cannone: «Nei ds è urgente la convocazione di un congresso», dichiara a La7 Gavino Angius. Che contesta apertamente la leadership del suo partito: «Dissento da come si sta procedendo nella discussione sul Partito democratico, che non può nascere in modo non democratico, all’interno di segreterie senza partito. C’è il rischio di oligarchismo».
L’uscita di Angius ha mandato su tutte le furie Fassino, che gli ha fatto rispondere dal coordinatore della segreteria Migliavacca («Nessuna operazione oligarchica») e poi dalla vicepresidente del gruppo dell’Ulivo, Marina Sereni: il congresso si terrà, ma solo quando ci sarà una «proposta politica» su cui discutere e non «sul nulla». Ma a settembre si farà un «seminario aperto» in cui discutere del partito dell’Ulivo. L’offensiva dei dalemiani (Angius, Cuperlo, Latorre), che negli ultimi giorni hanno moltiplicato i contatti con la sinistra ds, ha un obiettivo più ravvicinato: il Consiglio nazionale ds di metà luglio. Alla quale il Correntone presenterà la richiesta di congresso anticipato, appoggiata dalla mozione ecologista di Fulvia Bandoli, che spiega: «Siamo preoccupati per il metodo dei fatti compiuti: oggi abbiamo letto sul Corriere che il 4 luglio “si apre il cantiere” del Partito democratico, presente Fassino e altri leader. C’è una gestione troppo verticistica, non possiamo arrivare al nostro congresso con il nuovo partito già fatto, senza garanzie democratiche, e i ds costretti a sciogliersi lì dentro». Chi ha parlato recentemente con D’Alema lo descrive «irritato» anche per «l’atteggiamento di Prodi», che dopo il referendum «è tornato alla carica col popolo delle primarie contro i partiti», e che «invece di dare finalmente un colpo d’ala ad un governo che non decolla vuole reinfilarci nel tormentone sui contenitori, con accelerazioni fuori tempo sul Partito democratico». Fassino ha cercato la mediazione con il Correntone, promettendo un processo graduale che passi per una federazione tra Ds e Dl, ma senza successo: «Vogliamo il congresso, e se fate il partito democratico non ci entriamo», hanno ribadito Mussi e Fumagalli. E D’Alema ha utilizzato l’argomento nella riunione della «cabina di regia» ulivista di domenica con Prodi e Rutelli: «Non possiamo fare strappi, se no perdiamo pezzi», ha chiesto invocando «gradualità».

«Proprio lui che due anni fa, dopo l’incontro con Prodi sulla lista unitaria, ci ha praticamente annunciato che i ds andavano sciolti. Evidentemente o lo dirige lui o il Partito democratico non va fatto», sibilano gli uomini di Fassino.

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