E sulla giustizia Bersani è ko: i suoi si dividono e l’Udc lo scarica

RomaPier Luigi Bersani ha puntato tutte le sue fiches sul silenzio dei centristi e sulla giustizia come tema per testare la Santa alleanza contro il governo, ma ha perso. Immaginava che l’Udc si sarebbe accodato al no del Pd perché - questo il ragionamento dei dirigenti democratici alla base dell’azzardo - «non oserà mai mostrarsi disponibile proprio sulla giustizia». Ma la scommessa democratica è stata persa e le opposizioni sono arrivate in ordine sparso, proprio sulla riforma dell’ordinamento giudiziario.
I centristi, in particolare, hanno sentito il bisogno di chiarire che non rinunciano a dialogare, anche solo per vedere le carte della maggioranza. «È un errore dare un alibi a Berlusconi. Se il premier vuole approvare provvedimenti ad personam - ha spiegato Pier Ferdinando Casini - non possiamo togliergli le castagne dal fuoco, ma abbiamo il compito di andare a vedere cosa c’è nella riforma».
Bocciata la battuta di Bersani sul «dialogo fumoso» al quale «preferisco il sigaro toscano». «Se il Pd prende cappello e va sull’Aventino - ha spiegato Casini - commette un errore politico. Naturalmente rispetto anche chi fa errori politici, ma il nostro comportamento sarà diverso».
Difficile ora per il segretario democratico fare marcia indietro senza perdere la faccia. E infatti ieri Bersani è rimasto apparentemente fermo sulle sue posizioni e ha preferito accusare il leader dell’Udc di avere commesso lui un grave errore politico. Io «inviterei Casini ad aspettare qualche settimana. Credo che il tema giustizia sia stato preso in ostaggio da Berlusconi sia per esigenze personali sia per esigenze politiche». Il compito di aggiustare le cose è toccato poi a Giorgio Merlo, vicepresidente Pd della Commissione di vigilanza Rai: «L’appello di Casini a verificare e a discutere in Parlamento i limiti e le contraddizioni della riforma sulla giustizia presentata dal governo è di buon senso e difficilmente contestabile».
Una toppa dopo lo strappo, che però non ha coperto nemmeno le divisioni dentro il Partito democratico. Se la presidente del Pd Rosy Bindi ha detto no a un principio che faceva parte anche dei tentativi di riforma del centrosinistra («La magistratura inquirente non può essere tolta dall’ordine giudiziario. È meglio che i pm siano magistrati»), un ex magistrato come Luciano Violante ha preferito una posizione intermedia e, quando si è trattato di segnalare i punti deboli della riforma, ha spiegato che il principale è che «tutto viene rinviato a leggi ordinarie».
La necessità di aprire un confronto era stata sottolineata nei giorni scorsi dai riformisti come Morando.

Ma ieri un invito simile è arrivato da Arturo Parisi, ex ministro della Difesa vicino a Romano Prodi: «La giustizia riguarda la vita dei cittadini. Esattamente l’opposto di quello che Bersani pensa». Il Pd, insomma, può e deve fare opposizione al governo, ma non può fare finta che di giustizia non si possa parlare.

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