nostro inviato a Terni
Quando aveva 45 anni Stefano Neri era uno stimato docente universitario e un avvocato di successo. Insegnava diritto amministrativo e più di una volta aveva difeso lo Stato italiano di fronte allUnione europea. Oggi, che ne ha 50 guida unazienda, TerniEnergia, creata dal nulla cinque anni fa, sfidando pregiudizi e luoghi comuni nella sua Terni. Lavora nel campo delle energie pulite, ma non ama i politici ecologisti alla Pecoraro Scanio, né gli attivisti con i capelli lunghi e laria hippie, sempre pronti a scendere in piazza per difendere la Terra, ma incapaci di coniugare il rispetto della natura con la creazione di benessere per la collettività. Neri, al contrario, è convinto che combattere linquinamento non basta e che una vera svolta verde sia possibile solo se compatibile con leconomia di mercato. Saranno gli eco imprenditori e rendere più pulito il mondo, come peraltro predica Barack Obama. Lui ci crede dal 2004.
Unavventura nata quasi per caso. «Seguii le traversie di un amico industriale, la cui azienda di tubi di plastica soffriva la concorrenza delle società straniere, molto più avanti della sua nello sviluppo tecnologico e mi accorsi che il mondo accademico e le imprese non si parlavano», spiega ricevendomi in azienda. «Cercai sulle pagine gialle alla voce ricerca applicata, non trovai nulla. E allora decisi di creare una società di ricerca nei settori industriali innovativi, per creare un circuito virtuoso tra due mondi che non si parlavano e aprire nuovi orizzonti tecnologici ad aziende capaci ma sovente esili».
Il tutto ovviamente, restando nella sua Terni che, per quanto sofferente, era - e resta - un importante distretto industriale. Sviluppò quattro indirizzi di sviluppo, compiendo un piccolo miracolo. «Di solito limprenditore italiano è molto individualista, orgoglioso e diffidente; raramente accetta di cooperare con altri. E invece è nato un processo di aggregazione senza precedenti».
Forse perché a proporre consorzi e start up non era un manager, ma un giurista, di cui si fidavano e in cui non vedevano un potenziale concorrente. Tra i progetti in cantiere cera anche il fotovoltaico e quando nel 2005 il governo italiano, seguendo lesempio della Germania, varò il cosiddetto «conto energia» - ovvero i sussidi pubblici per incentivare la produzione di energia elettrica di impianti fotovoltaici - Neri si fece trovare pronto. Fortuna, certo, ma non solo. Se si fosse trattato semplicemente di sfruttare le tariffe agevolate sul solare, oggi la sua società non avrebbe ricavi per 21 milioni di euro, ma sarebbe una delle tante piccole e talvolta piccolissime imprese «mordi e fuggi», che approfittano della mano generosa dello Stato.
Un anno prima era riuscito a convincere tanti piccoli imprenditori della zona a confluire in TerniEnergia, apportando non fondi, ma il proprio know-how personale e tecnologico. Chi, come Franco Venturi, oggi consigliere delegato, fornendo gru e mezzi dopera, chi meccanica dalta precisione o impianti elettrici. In cambio ognuno dei soci riceveva azioni, anche questa una novità in una regione in cui la dimensione societaria è sempre rimasta familiare. Nessuno se nè pentito, sebbene il debutto in Borsa non sia stato altrettanto fortunato.
I tempi erano giusti nel 2005, ma sbagliatissimi nel 2008. Neri sbarcò a Piazza Affari due mesi prima del crac Lehman e, dunque, della recessione, che ha colpito anche questo settore per la contrazione del credito che ha reso più prudente la clientela e assai restie le banche. In tempi di crisi un investimento per la produzione industriale di energia solare non è certo una priorità. Poteva essere la fine o perlomeno il ridimensionamento di un sogno. E invece no. La fornitura di impianti industriali fotovoltaici chiavi in mano è stata più che compensata dalla crescita delle joint venture, soprattutto con Edf, il colosso francese dellenergia, raccogliendo i risultati di una diversificazione iniziata nel 2007.
Nessun licenziamento e lo scorsa primavera sono stati varati nuovi progetti, soprattutto nel Salento.
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