Elena Jemmallo
Hanno piantato le loro tende sulla sponda del Reno, a Düsseldorf. Non solo per dormire: cè anche una grande tenda-chiesa (con tanto di torri) e spazi coperti. Servono per pregare (con le chitarre e i canti a canone) e per distribuire il cibo (scatolette e panini). È la città-campeggio che si sono costruiti loro, gli scout, presenza immancabile di tutte le Gmg. E che anche questa volta sono arrivati a migliaia da ogni parte del mondo per allestire la tendopoli che ospiterà i loro coetanei in arrivo tra oggi e domani, i giorni clou dellincontro con Benedetto XVI, o «B16», come lhanno ribattezzato loro, e come risulta più comodo nel linguaggio degli Sms.
Ma la «festa» per loro e per tutti i ragazzi di Colonia è già cominciata. In migliaia si sono sparpagliati ieri sulle sponde del Reno per salutare larrivo in battello di Papa Ratzinger: dieci chilometri di ragazzi in attesa. Ma loro, il popolo dei Papa-boys, non si annoiava affatto e si preparava allincontro. Ognuno nel suo stile. A gruppi pregavano in cerchio seduti per terra, altri cantavano e intonavano cori da stadio. Ma cera chi, un po meno devoto, per ingannare il tempo, giocava a carte. Ma il colpo docchio è comunque deffetto. Le magliette rosse dei volontari accanto a quelle bianche degli spagnoli emigrati negli Usa, i cappelli tipo cow-boy degli italiani (riconoscibili, se non altro per il volume dei decibel) di fianco al gruppo di ragazzi libanesi che intonano salmi. Ci sono le bandiere colorate delle pace, e quelle con il simbolo della Gmg. Cè chi il logo (un stella, il duomo di Colonia e la croce, ispirato dal Vangelo di Matteo «siamo venuti per adorarlo»), se lè fatto dipingere sulla guancia. E poi ci sono i ragazzi con i costumi tradizionali del proprio Paese dorigine: messicani, giapponesi, africani, e slavi. Perché dietro la definizione di «papaboys» cè soprattutto questo: un esercito festante che proviene da ogni parte del Globo. Un melting pot, una babele di lingue, con un unico denominatore comune: quello di essere la generazione cresciuta da Giovanni Paolo II, che nei 26 anni di pontificato ha coltivato un rapporto speciale con i ragazzi e che per loro ha inventato le Giornate mondiali della Gioventù. E a loro affidò nel 1986 una croce in legno. Protagonista, proprio ieri, di un fuori programma.
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