Andrea Tornielli
da Roma
Può unopera lirica diventare strumento di evangelizzazione? Può il teatro servire allazione pastorale della Chiesa? Undici anni fa Giovanni Paolo II disse che anche «le opere teatrali, musicali, cinematografiche» rientravano nellambito dei «beni culturali» della Chiesa ed è prendendo sul serio queste parole di Papa Wojtyla che il vescovo Mauro Piacenza, «ministro» dei beni culturali della Santa Sede, ha scritto La luce del mondo, opera lirica in due atti musicata dal maestro Ferdinando Nazzaro, che è stata rappresentata per la prima volta venerdì sera al Teatro Argentina di Roma, per la regia di Camillo Befani, con lorchestra Filarmonica di Lviv (Ucraina) insieme ai cori «Nova Lirica» e voci bianche «Arcum» di Roma.
La base dellopera di Piacenza, prelato genovese appassionato di musica lirica da molti anni al servizio della Curia romana, è il discorso della Montagna con il quale Gesù capovolge i criteri correnti di comportamento dichiarano beati gli umili, i miti, i costruttori di pace. Per unora e mezza, fondendo assoli, corali, passi biblici con sapienti giochi di luce e luso di filmati, La luce del mondo trascina lo spettatore di fronte al dramma dellesistenza umana, il dramma del peccato, la grande e spesso inevasa domanda di un significato ultimo dellesistenza che attraversa talvolta in modo contraddittorio e persino violento le giovani generazioni. «La domanda stessa che nasce spiega monsignor Piacenza è irresistibile e costituisce il tessuto profondo della vita. Luomo non ha solo bisogno della verità, ma è bisogno di verità». «Il nostro tempo aggiunge registra una drammatica congiura contro la domanda della verità, congiura che unisce la cultura ufficiale, i mezzi della comunicazione sociale, ma non può non impedire che, ogni tanto, nello spazio dellesistenza emerga questo sottile rivolo di inquietudine: perché esisto? Che senso ha lesistenza? Come si deve vivere? Dove sto andando? Cosa cè dopo? La riflessione su tutto ciò, e la considerazione della sensibilità ed emotività delluomo del nostro tempo, mi ha indotto a favorire il ritrovamento delloriginaria inquietudine creativa in cui pulsa ciò che è veramente umano. Ho pensato che musica e canto, unitamente ad elementi di danza e di riproduzione cinematografica, come supporto registico, potessero essere usati quali mezzi per il raggiungimento di questo fine. Il tutto utilizzando strumenti di rilevante nobiltà espressiva, anche per educare il gusto».
Musica, passi di danza, e un dialogo cantato che vede prima protagonista luomo con le sue domande di fronte alle tentazioni diaboliche, quindi fa emergere alcune grandi figure di santi Angela da Foligno e Francesco dAssisi per concludersi in un crescendo di stupore con lannunciazione, con Dio che si fa uomo, trasmettono lirriducibile novità rappresentata dal cristianesimo nella storia dellumanità.
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