da Roma
Sette legislature in trincea ma ora, come si dice in gergo calcistico, potrebbe decidere di appendere le cosiddette scarpe al chiodo. Il «puntero», per continuare la metafora sportiva, è Vincenzo Visco, viceministro allEconomia, luomo che in questo governo ha deciso sulle nostre tasche. Adesso, senza una nuova candidatura nel Pd, potrebbe addirittura lasciare la politica e, chissà, riprendere lattività di docente universitario. Visco si è detto consapevole di essere luomo più criticato e forse più odiato di tutta la compagine prodiana, ma ammette di aver fatto esclusivamente il proprio dovere.
Quello delle tasse è un capitolo sempre doloroso per chiunque, ha ammesso recentemente, e costringe a prendere decisioni impopolari delle quali spesso si resta vittime. Per questa ragione ha spiegato che il suo, ormai ex, ruolo toccherà a qualcun altro destinato a pagare il suo stesso... tributo. «Io - ha recentemente dichiarato al settimanale di Repubblica - ho pagato limpopolarità di questa carica». Tuttavia, nonostante la decisione di Veltroni che non lo ricandiderà, forse nel timore di perdere voti affidandosi a un volto che non ispira simpatia negli elettori, Visco dice di non sentirsi un pensionato di lusso. Coordinatore di un recente volume dal titolo «Governare il mercato» (Donzelli, pp. 258, 15 euro), è stato il punto di riferimento dei vari politici ed economisti di ispirazione progressista, autori dei saggi inclusi in questo testo che analizza le attuali situazioni di mercato.
Sullaccusa di essere stato luomo che ha caricato gli italiani di tasse, Visco ha minimizzato la portata negativa del suo operato cercando una sorta di autoassoluzione, basata più che altro sul fatto che anche i precedenti governi avevano apportato un inasprimento fiscale. Il viceministro, insomma, mostra di non volerne proprio sapere di fare autocritica e cerca sponde anche negli esecutivi che lo hanno preceduto. A detta sua infatti anche i suoi predecessori avrebbero toccato le tasche degli italiani.
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