«Ecce Uomo», se il dolore è raccontato da 34 artisti

«Ecce Uomo», se il dolore  è raccontato da 34 artisti

Igor Principe

«Questa è una mostra sulla condizione dell’uomo contemporaneo, su cui è catalizzata l’attenzione di artisti e collezionisti. Credo non vi sia nient’altro da aggiungere. L’arte pone domande. Al pubblico, e alla sua capacità di lasciarsi emozionare, il compito di cercare risposte».
L’onestà intellettuale di Gemma De Angelis Testa è encomiabile. Con Sergio Risaliti è la curatrice di «Ecce Uomo. (33+1) artisti contemporanei da collezioni private a Milano», da domani al 21 maggio in programma allo Spazio Oberdan, ed è raro che la mente da cui promani una rassegna come questa non tenti di spiegarne il senso avvitandosi in barocchismi linguistici. Per di più, stavolta un senso appare più nitido del solito. È nel titolo, come spiega Risaliti. «Il richiamo all’ecce homo, figura tradizionale dell’iconografia occidentale, simboleggia l’aggancio con la nostra storia. Ma il riferimento all’ “uomo” è ciò che tiene agganciati al presente. Lo dicono anche quei due numeri: 33 sono gli anni del Cristo quando fu presentato al giudizio della piazza; 1 è l’anno in più che per noi significa la proiezione all’oggi».
Trentaquattro, dunque. Come gli artisti presenti con le loro opere, tutte provenienti dalle collezioni dei soci di Acacia, l’Associazione Amici Arte Contemporanea che con la Provincia promuove la mostra. Maurizio Cattelan, Marina Abramovich, Vanessa Beecroft, un insospettabile Armando Testa, Damien Hirst sono alcuni dei nomi che vi partecipano, con idee che esplorano uno spettro di emozioni decisamente ampio. Tra videoinstallazioni, fotografie, dipinti e sculture si fa strada l’idea di un’esistenza segnata, da duemila anni, dal dolore. Sia esso sfacciato, come nel mucchio di ossa sanguinolente ritratte dalla Abramovich in Balkan Baroque; minacciato, come nella saponetta trapunta di spilli pensata dalla libanese Mona Hatoum (Nablus Soap); o ironico, come nella mano trafitta da una matita dell’irriverente, come suo solito, Maurizio Cattelan.
Chiarito il tema, ci si orienta con più facilità lungo un percorso non breve, e che talvolta, davanti ad alcune opere - una tra tutte: Searching for Gramsci del cileno Alfredo Jaar, un’immagine del Tevere sotto i ponti di Roma - suscita alcune perplessità.

Del tutto chiaro, invece, il contesto in cui la mostra è inserita: si tratta di «numero zero», programma di manifestazioni che vedono protagoniste sedici associazioni culturali dell’area milanese e che si protrarranno sino al 2 aprile. Dopo «Ecce Uomo» (catalogo Electa) seguirà, sempre domani, «Gallerie aperte», iniziativa che coinvolge 33 gallerie d’arte in aperture serali prolungate. Il programma sul sito www.incontemporanea.it.

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